26 giugno 2015

DIZIONARIO DELLA MODA: P





PACCHIANO (PACCHIANA)  
Voce dell'Italia meridionale, di etimo incerto. 1. Contadino, villano; per lo più al femminile, si intende la donna di modeste condizioni da cui si distingueva la signora, contadina nelle vesti tradizionali, colorate e vistose. 2. Per estensione, nell'uso comune, privo di buon gusto e di stile, vistoso, grossolano, kitsch.

PACCHIANA (costume tradizionale)  
Derivante da “pacchia” con etimologia ben diversa da quella del gergo corrente di “pacchiano”. Il termine è comunemente utilizzato per il costume tradizionale femminile dei paesi dell'Italia meridionale, bello e sfolgorante di colori, che veniva utilizzato soltanto in occasione delle grandi cerimonie.

PADDED
Borsa a tracolla o a mano, dall'aspetto "imbottito".

PADDOCK
Tessuto in armatura saia a diagonali serrate, allestito con filati pettinati di lana, simile al popelina. È usato nell'abbigliamento.

PAGLIA  
Dal latino palea(m). 1. Materiale tessile ricavato dagli steli di una varietà speciale del grano detto marzuolo, la cui mietitura viene effettuata prima della maturazione delle spighe; con la paglia ottenuta, lasciata a seccare e imbianchire, si fanno delle trecce grosse e sottili, che vengono impiegate nella confezione soprattutto di cappelli e borsette. 2. Copricapo di solito femminile confezionato con l'omonimo prodotto, dal tipo di modello e dettagli che variano secondo la moda e il gusto di chi li indossa. Rinomate sono le «paglie di Firenze».

PAGLIACCETTO  
Da pagliaccio, perché ne ricorda il costume. 1. Abitino per bimbi, tagliato in un solo pezzo o comunque cucito in modo che il corpetto risulti attaccato ai corti calzoncini a sbuffo. 2. Indumento di biancheria intima femminile, di linea morbida e comoda, non aderente, con spalline sottili e senza maniche, costituito da un corto sottoabito composto canottiera e mutande incorporate, generalmente di cotone leggero o seta.

PAGLIETTA  
Diminutivo di paglia. Cappello estivo in paglia rigido, con calotta piatta, circondata da un nastro e con una piccola tesa diritta. Sinonimo di canotier, termine francese.

Inglese: Sennit | Straw boater | Straw sailor

PAISLEY  
Il nome deriva dall'omonima città della Scozia dove ancora oggi si produce, anche se recenti ricerche convengono nel suggerire, come il più plausibile, un luogo di provenienza remoto nel tempo e nello spazio. Motivo orientale stampato con il tipico disegno cashmere a palmetta, realizzato a partire dal 1840 nella città scozzese di Paisley dove venivano realizzati scialli che imitavano quelli del Kashmir. È usato per cravatte, sciarpe e fazzoletti da collo o da taschino.

PAILLETTÉ  
Termine francese. Un abito o una parte di esso ricamato con lustrini, chiamati in francese pailletes.

PAILLETTES  
Termine francese, al plurale, diminutivo di paille «paglia». Ciascuno dei dischetti sottili, di materiali vari (metallo, vetro, ecc.) lucente (dorato, argentato o di vari colori), forato al centro, che viene cucito sul tessuto disseminandoli o disponendoli in determinati disegni, come guarnizione di abiti da sera o di scena e accessori d'abbigliamento, spesso accostati alla bigiotteria detta strass. In italiano, al plurale, lustrini.

PAKOL
Berretto a busta, di lana o pelliccia, tipico dei mujaheddin afgani.

PALANDRANA
Da palandra, dal francese arcaico (houp)pelande. 1a. Soprabito lungo e largo, dalle maniche svasate, tipico del Trecento, indosssato fino al Cinquecento. 1b. Nel Sei-Settecento diventa una veste da camera per uomo ampia e lunga sino a terra. 2. Il termine è poi passato a indicare, in tono scherzoso, qualsiasi indumento largo e lungo, mal sagomato e quindi goffo e informe. Un sinonimo è gabbana (
gabbano), che si ritrova nell'espressione "voltagabbana" per indicare una persona che cambia abito (e quindi atteggiamento) a seconda della convenienza.

PALETTE
1. La gamma dei colori usata in una collezione. 2. Numero limitato di colori stagionali che caratterizzano una gamma di tessuti o modelli.

PALLAV
Ampia bordura decorativa del sari indiano. 

PALTÒ  
Adattamento del francese paletotTermine generico per indicare cappotti o soprabiti, lungo almeno sino a sotto il ginocchio. Francese: paletot.

PALUDATO
Dal latino paludatus ‘in divisa da comandante’, da Paluda, epiteto di Minerva in armi. 1. In abiti vistosi (e il più delle volte, è inteso, di cattivo gusto); ampolloso, retorico, solenne. Questa parola entra nel lessico italiano con questo significato nel Novecento. 2. Il paludamentum nell’antica Roma era il corto mantello rosso con cui ancora ci immaginiamo i generali romani, fermato sulla spalla sinistra. 3. Il termine paludatus prende un significato che potremmo spiegare come ‘in divisa’. 4.  Il termine paludamento viene recuperato in italiano nel Trecento nella sua accezione storica. Nel Seicento i suoi significati si sono estesi a comprendere l’abito regale, ampio, ricco, solenne che marca il paludamento come segno di potere ma lo fa sconfinare nell’eccesso, già lontano dalle essenzialità marziali.

PANAMA (cappello)
Con la stessa armatura si realizza anche un cappello maschile estivo in paglia intrecciata finemente, a tesa larga, incavata al centro, in genere di colore chiaro (detto "cappello Panama") con fibre di una palma, la Jipijapa o Bonibonaxa (Ludovica palmata o Carludovica palmata), che cresce in Ecuador, Colombia e Perù, che grazie alla caratteristica di indeformabilità, è adatto alla stagione estiva. I nastri dei panama sono in tessuto canneté, anche di cotone, e consentono qualche fantasia di colore.
Inglese: Panama hat (Cappello Panama)

PANAMA (tessuto)
Dall'omonimo Stato, e della città sua capitale, dell'America Centrale. 1. Armatura derivata dalla tela per ampliamento, raddoppiando o aumentando in pari numero i fili di ordito e i fili di trama, con torsione bassa o nulla. Viene tessuto con un rapporto 2X2, 3X3, 4X4, invece di 1X1 che è quello della tela semplice. Nel panama sono possibili molte variazioni nel numero di fili che lavorano allo stesso modo (per esempio, vi può essere rapporto 3X2 o 5X3 e così via), ma la dimensione o grossezza dei filati di ordito accoppiati deve sempre uguagliare quella delle corrispondenti trame. Questo fornisce un certo grado di equilibrio e l'aspetto del tessuto. L'armatura panama produce un tessuto piacevole e allentato che è flessibile, abbastanza resistente alle grinze e cascante. Anche chiamato natté.  Per i tessuti in questa armatura possono essere impiegati filati di qualsiasi composizione, anche se si utilizzano prevalentemente lana e cotone. 2. Tessuto di cotone allestito con filati grossi, con molte varianti con ordito fine e trama più grossa, caratterizzate da una contestura soffice. Viene usato per abbigliamento maschile e femminile e tessuti da arredamento. 3. Tessuto di lana cardata grossolana battuta rada. È usato per effetti novità. 4. Tessuto, inizialmente, per sacchi in canapa o juta.

PANCIERA | PANCERA
Derivato di pancia. Fascia alta di tessuto elastico che si porta sulla pancia, per ripararla dal freddo e anche per sostenerla o per modellare vita e fianchi.

PANCIOTTO  
Da pancia. Indumento senza maniche e con abbottonatura sul davanti che si indossa sopra la camicia e sotto la giacca. È sinonimo di gilé. Inglese: Waistcoat

PANNE  
Termine francese. Stoffa felpata.

PANNEGGIO  
Da panneggiare. Sinonimo di drappeggio.

PANNELLO  
Diminutivo di panno. Tessuto dalle dimensioni limitate, stampato o ricamato, che riporta un motivo finito o piazzato, in zona finale o verso il bordo, in modo da essere usato per la confezione di un capo secondo un ordine prestabilito.

PANNO  
Dal latino pannus.  1. Nome generico di ogni tipo di tessuto. 2. Tessuto, solitamente in lana cardata, armatura tela, fortemente follato per cui prende l'aspetto di un feltro, rifinito variamente a pelo lungo o corto, inclinato o diritto, pressato, lucente o opaco. Il panno è impiegato in confezioni maschili e femminili, divise militari, cappotti e mantelli. 3. Pezzo più o meno grande di tessuto, appositamente rifinito per uno scopo determinato (esempio: coprire il tavolo con un panno). 

Francese
: Tissu | Drap - I
nglese: Cloth - Tedesco: Wollsstoff | Tuch - Spagnolo: Pano

PANNOLANA (PANNILANO)
Nome con cui a partire dal IV secolo si chiamavano i panni di lana.

PANNO LENCI  
Dall'Ars Lenci della Signora Leonora Scavini che per prima li usò. Stoffa leggera, lavorata a feltro,  morbida, leggera, a tinte unite (in genere vivaci o pastello). Il materiale che lo compone è di lana o misto lana cardata di pecora e il pelo di capra mohair. Non avendo trama e ordito non tende a sfilarsi, e non ha bisogno di orli o cuciture di finitura (sorfilo). È usato per la confezione di vestiti per bambini, per le famose "bambole lenci", per arredamento.
 
PANNO PILOTA
Stoffa di panno pesante, tessuta in diagonale, con peluria rialzata; tradizionalmente blu, è usato dalla Marina.

PANTACALZE
Calza con attaccata una mutandina, senza piede, molto attillate che fasciano la gamba e arrivano fino alla caviglia. Generalmente si indossano sotto lunghi maglioni. In inglese è sinonimo di leggins o in francese di fuseau.

PANTALONCINI  
Diminutivo e plurale di pantaloni. Calzoni corti; termine usato soprattutto per l'abbigliamento infantile.

PANTALONI  
Dal francese pantalons, riferito all'indumento usato dalla maschera veneziana Pantalone, che, andando pel mondo con la Commedia dell'Arte, vi fece conoscere i calzoni lunghi alla veneziana. È preferibile la forma al plurale che al singolare,  Indumento maschile e femminile (in questi ultimi anni), che copre la persona dalla cintola in giù, realizzato in tessuti vari e in svariati modelli. Sinonimo di calzoni, che evita questo francesismo.

Francese: Pantalon - Inglese: Pant - Tedesco: Hose - Spagnolo: Pantaló
 
PANTALONI A CAMPANA
Detti anche a zampa d'elefante, sono aderenti alle cosce e svasati dal ginocchio (
Pantaloni a zampa d'elefante).
 
PANTALONI A SIGARETTA
Pantaloni da donna aderenti, simili ai pantaloni Capri, ma più lunghi.
 
PANTALONI A STAFFA
Pantaloni da donna, aderenti, elasticizzati, con staffe di tessuto sotto il piede. (Pantaloni da sci).
 
PANTALONI A VITA BASSA
Pantaloni che non arrivano fino al punto vita, detti anche
"hipster". 
 
PANTALONI A ZAMPA D'ELEFANTE  
Il nome deriva dalla caratteristica forma che ricorda la zampa del pachiderma.
Pantaloni che a partire dal ginocchio si aprono in una svasatura più o meno ampia imitando la zampa dell'elefante. Indossati in origine dai marinai. Molto in voga negli anni '60, sono detti anche "a campana".
 
PANTALONI ALLA COSACCA
Pantaloni svasati, con pieghe in vita, fissati con stringhe alla caviglia o nastri sotto il piede.

PANTALONI ALLA MARINARA
Di lino o cotone pesante bianco, indossati dai marinai e in climi caldi.

PANTALONI ALLA ZUAVA
Ampio pantalone corto serrato sotto al ginocchio con lacci o ganci. È detto anche, impropriamente, pantalone knickerbocker, poiché è spesso confezionato con l'omonimo tessuto, anche se quelli alla zuava hanno maggiore ampiezza al ginocchio; altre volte è confezionato in velluto a coste e usato come capo sportivo da montagna. È un pantalone tipicamente maschile, molto in voga negli anni '20; sovente usati dai giocatori di golf.
 
PANTALONI CAPRI
Pantaloni da donna aderenti, a metà polpaccio.

PANTALONI CARGO
Pantaloni ampi con tasconi sulle gambe, derivati da quelli dei militari statunitensi nella Seconda guerra mondiale; molto diffusi come abbigliamento casual.

PANTALONI DA GAUCHO
Pantaloni larghi al polpaccio, in origine indossati dai gauchos americani e resi popolari dal divo del cinema Rodolfo Valentino. 

PANTALONI DA SCI
Pantaloni stretti, elasticizzati, con staffa sotto la pianta del piede.

PANTALONI ORIENTALI
Pantaloni morbidi e ampi da donna, raccolti alla caviglia e portati sotto a una tunica; ispirati all'Oriente e ai costumi dei Ballets Russes.

PANTALONI TUBOLARI
Molto aderenti, jeans o casual diritti.

PANTOFOLA 
Forse dal greco bizantino composto da pantò-“tutto” e phéllios, che significa “fatto di sughero”. Calzatura bassa, che copre interamente il piede, e comoda, maschile e femminile, in morbida pelle, in velluto o in panno, o in materiali sintetici, solitamente con suola pieghevole di pelle o di gomma, con o senza tacco. Possono essere calzate e sfilate molto facilmente. Oggi è di uso comune come comoda scarpa da casa. È anche impropriamente chiamata ciabatta. Raffinate calzature da casa sono quelle che gli anglofoni chiamano house slippers o velvet slippers, in genere di velluto nero, foderate di raso rosso porpora e con le iniziali o uno stemma ricamato in oro. Un tipo di pantofola è la pianella.

Marchio registrato della Pantone Inc. (USA), che ora fa parte del gruppo X-Rite. Sistema di identificazione del colore definito da un codice alfanumerico, che è riconosciuto ed univoco a livello internazionale, una volta disponibile solo su carta ed oggi anche su supporti informatici. L'idea base è che una persona può scegliere un determinato colore dalla guida ed utilizzare il numero corrispondente per comunicarlo ad un altro interlocutore anche esterno. L'utilizzo gratuito non è permesso, ed è per questo che non è presente in alcuni programmi di fotoritocco o in  software a basso costo.  Per il settore tessile Pantone dispone di sistemi specifici quali Pantone Fashion + Home Color System, che conta 1.925 colori studiati e creati in base agli input arrivati proprio dal mercato fashion + home. Pantone supporta sia la tecnologia della stampa digitale su tessuto (con i colori TPX), che sono identici a i colori su cotone (colori TCX). Questo significa che si possono facilmente equiparare questi colori (simili a quelli su carta) a quelli su tessuto.

PAO
Lunga veste cinese. Le versioni maschili e femminili del chapao, veste formale dell'abito di corte, differiscono nel taglio, ma hanno entrambe davanti asimmetrici sormontati e chiusura con alamari.     

PAPILLON  
Voce francese, che significa farfalla, in quanto ricorda le due ali di questo insetto. 1. Termine corrispondente all'italiano farfallino o cravattino. È il normale completamento degli abiti da sera maschili; in genere bianco per il frac e nero per lo smoking. Colorato o con disegni fantasia può essere indossato anche di giorno. 2a. Nell'Ottocento indicava il piccolo nodo a due cocche applicato come chiusura alle maniche corte dei vestiti da donna. 2b. In certe epoche è stato un accessorio distintivo di certe professioni, come gli architetti e i professori universitari.

PARA  
Dal nome dello Stato di Pará in Brasile, originario luogo di produzione. Nome dato alla gomma naturale elastica, ottenuta dalla prima lavorazione del latice di alcune piante selvatiche della zona di Pará in Brasile ed ottenuta per calandratura. Preparata in strati o fogli. È leggera, flessibile, assorbe gli urti e protegge dal calore e dall'umidità; le suole hanno di solito una superficie ruvida e grinzosa È impiegata soprattutto dai calzaturifici, per suole di scarpe sportive e casual, polacchetti, costruzioni Ideal, ecc. .

PARAFFINATURA  
Da paraffinare. Operazione che viene compiuta durante la preparazione dei filati (roccatura), per accrescerne la scorrevolezza e quindi facilitarne l'immagliatura. Viene eseguita facendo scorrere il filo a contatto di un blocchetto (due dischi) di paraffina, materiale con buone proprietà lubrificanti. Un semplice lavaggio elimina poi la paraffina dal tessuto.

PARAMANO  
Imperfetto del verbo parare + mano. Nell'abbigliamento è quella sorta di risvolto che orna la manica all'altezza del polso, caratteristico, per ampiezza ed importanza. Adottato in cappotti, soprabiti (in tessuto di panno o talvolta in tessuto diverso) o in pellicce (vera o ecologica).
 
PARAMENTI
Abiti o tuniche indossati come segno di rango; usati dal clero della Chiesa cristiana e di altri culti per celebrare funzioni religiose.

PARAMONTURA  
Dal francese paremonture, da parement, paramano. 1. Parte della giacca, del cappotto e di altri indumenti, che doppia e ricopre i lembi dell'apertura del davanti dal collo fino all'orlo. Può nascondere una cerniera o essere la parte in cui vengono praticate le asole, le quali a loro volta possono essere visibili. 2. Striscia di tessuto doppiata e ripiegata all'interno di un indumento, alla quale viene attaccata la fodera. Questo tessuto costituisce rinforzo e rifinitura di quelle parti dell'indumento che altrimenti risulterebbero poco precise e a vista. Nelle annotazioni sul cartamodello la paramontura la si può indicare con un colore diverso.

PARANJA
Ampia sopravveste, con false maniche che pendono sul dorso, indossata sul capo delle donne del Turkestan.

PARANNANZA (o PARANANZA, PARANNANZI)
Grembiule da lavoro o da cucina con pettorina.    

PARASTINCHI  
Dall'imperfetto del verbo parare + stinco. 1. Nel gioco del calcio, riparo di cuoio e tela che si infila sotto le calze a difesa degli stinchi. 2. Nell'hockey su ghiaccio, la parte dell'equipaggiamento composta di vari strati di feltro per uno spessore di 5-6 cm che giunge fino alle cosce; i parastinchi del portiere, detti anche gambali, sono ricoperti di fustagno o pelle di cavallo con imbottitura di gommapiuma nelle parti laterali.
 
PARDESSUS
Termine francese. Soprabito femminile di media lunghezza e vita aderente, spesso decorato con velluto o pelliccia.

PAREO
Da una voce polinesiana, attraverso il francese paréo. Indumento (maschile o femminile) di origine tahitiana che consiste in un rettangolo, generalmente di cotone con disegni vistosi, da avvolgere intorno al corpo che può fungere da gonna o abito intero; è entrato anche nella moda femminile estiva occidentale in particolare come copricostume usati in spiaggia. Plurale (in gergo popolare, parèi).

PARKA 
Termine esquimese (da una voce aleuta), a sua volta derivato dal russo il sui significato è pelle di animale, e poi adattato attraverso l'angloamericano. 1. Giaccone sportivo maschile e femminile, arriva a metà coscia e può avere un cappuccio, a volte ornato di pelo. Chiuso sul davanti da una lunga zip o da bottoni a pressione. All'orlo scorre una coulisse, che permette di stringerlo al corpo. Ha tasche applicate o a filo. Solitamente è realizzato in materiale impermeabile, spesso imbottito, con fodera staccabile. È un capo d'abbigliamento prettamente invernale, creato all'origine per lo sci e la montagna, fa oggi parte dell'abbigliamento casual. È simile all'anorak. 2. Casacca confezionata con pellicce e intestini di vari mammiferi marini e pelli di uccelli. Generalmente provvista di cappuccio, è un indumento esterno tipico delle tribù artiche.   

PARMA
Ricamo di origine antica che imita con strani effetti i bassorilievi. Si esegue su tela di lino greggio o di cotone non candeggiato.

PARTITA
È la produzione di un determinato metraggio (nei tessuti) o di una produzione (filati, accessori) con caratteristiche omogenee (di colore, tecniche).   

PARURE  
Voce francese; da parer, parare, ornare. 1. Serie di oggetti che presentano uno stile di lavorazione uniforme (soprattutto in gioielleria). 2. Con parure, per estensione, si intende oggi anche il coordinato per la biancheria per la casa (parure per il letto, bagno, ecc.) e quello della biancheria intima (sottoveste, mutandine, reggiseno e camicia da notte e vestaglia) quando gli stessi sono confezionati con lo stesso tessuto e gli stessi ricami o coordinati per colore.

Dalla parola persiana Pashmineh (پشمینه) per lana (che è il tessuto che ora chiamiamo "cashmere"), al termine hindi (lingua parlata soprattutto nell'India settentrionale e centrale) pashm, ovvero "interno", che si riferisce al sottopelo della "Capra Hircus" che indica la lana cashmere. 1. Fibra della capra Hircus (Chyangra), specie semiselvatica, che vive sull'altopiano montagnoso delle regioni himalayane del Nepal e Tibet, che fornisce una lana preziosa, fra le più costose del mondo. L'animale vive in libertà attorno ai 4000-4500 metri di altitudine, nutrendosi in modo spartano (nella sua dieta compare la rosa alpina); questi fattori, unitamente alla predisposizione genetica, consentono la crescita di un manto lanoso tra i più fini (la fibra ha un diametro di 12 micron contro i 16 dei migliori cashmere) e caldi, che proteggono dal freddo e dalla malnutrizione. La raccolta della fibra avviene due volte all'anno nella misura di 50-100 grammi dell'animale femmina e 100-150 grammi del maschio. Le tonalità naturali della lana sono tre: il bianco, il bianco grigiastro e il grigio. La prima fase della lavorazione consiste nel liberare la lana dai peli più grossi, così depurata essa viene poi filata a mano. Si producono tessuti di gran pregio, in particolare scialli, con la particolare frangina, indossati dalle donne del Nepal (ed in minima parte anche tappeti), ma oggi la loro produzione è destinata anche all'esportazione. Lo scialle può essere in 100% pashmina, o in misto seta (con una % fino al 30). La seta viene aggiunta in ordito per conferire maggiore durata e corpo al prodotto, che però perde un po' della sua bellezza e delle proprie qualità intrinseche di leggerezza. 2. Originariamente però il nome riguardava unicamente una stola lunga due metri, finemente ricamata, che nel Medioevo soltanto i Maharaja o le signore dell'alta società potevano permettersi, e che venivano poi trasmesse in eredità alle figlie.

PASSA-ELASTICO
Ricamo Un canale cucito con punti paralleli per passare elastici e cordoncini.

PASSAFINO  
Imperfetto del verbo passare + fino (aggettivo). Sinonimo di passamano. 

PASSAMANERIA  
Da passamano, che è termine ancora usato. 1. L'insieme delle guarnizioni intrecciate, tessute, annodate, ricamate (cordoncini, nastrini, fettucce, fiocchi, trecce, galloni, merletti, nappe, alamari, bottoni, ecc.) usate nell'abbigliamento (applicati ad una veste per nascondere le cuciture o per adornarla) e nell'arredamento. 2. Fabbrica o negozio di vendita di tali articoli.

PASSAMANO  
Dal francese passement, da passer, "passare". Nastro o tessuto leggerissimo e sottile, generalmente di cotone, che si applica alle vesti, ed è usato in arredamento per nascondere le cuciture, rinforzare gli orli e/o per le rifiniture interne.

PASSAMONTAGNA  
Imperfetto del verbo passare + montagna. Copricapo (berretto) in maglia di lana molto stretto con prolungamento al collo, che lascia liberi solo gli occhi e parte del viso. Usato dagli alpinisti e sciatori.

PASSANASTRO
Ricamo o pizzo con occhielli in cui passa un nastro.

PASSANTE
1. Piccola striscia di tessuto doppiato cucita sulla cintura di pantaloni o gonne o in generale all'altezza del punto vita, in modo da trattenere una cinghia o cintura. Gli stessi sono piazzati dove gli arti esercitano più trazione nei movimenti. 2. In una cintura, anello di cuoio o metallo situato dopo la fibbia per sostenere la cinghia. 

PASSARE LE MARCHE
Passare dei punti molti lunghi e lenti sulle due parti del modello; i punti vengono poi tagliati e usati come guida per pince e tacche di confezione. 

PASSATURA  
Da passare. 1. L'infilare a mano con la passetta i fili dell'ordito nei denti del pettine. 2. Rammendo eseguito su un tessuto logoro.

PASSETTA  
Dal francese passetteAttrezzo con cui si introducono i fili dell'ordito nel pettine.

PASSO (BOCCA)
Apertura ad angolo di due strati di filo d'ordito tra i quali passa la trama.

PASSO (stamperia)
Lunghezza dell'avanzamento del tappeto delle macchine da stampa o dello spostamento del quadro nella stampa su tavolo ad ogni nuovo colpo di stampa. Equivalente al rapporto. 

PASTA DA STAMPA
La soluzione o dispersione in acqua di addensanti, coloranti ed ausiliari che viene versata sulle matrici piane o introdotta in quelle cilindriche per essere spinta sul tessuto dall'azione della racla (dispositivo delle macchine per la stampa).  

PASTRANO 
Sembra alterato da palliàstrum, peggiorativo di pàllium, che vuol dire "pallio", mantello di tessuto grossolano portato dalle classi povere; c'è, invece, chi lo fa risalire dal nome del duca di Pastrana (città della Spagna, della provincia di Guadalajara). Il termine era in uso in Toscana. La parola è attestata nella seconda metà del Seicento. Soprabito (in senso stretto la parola indica il cappotto militare, mentre, in senso largo è sinonimo di cappotto o mantello) maschile molto pesante, in panno, con qualche carattere di rusticità definito ma non sempre povero, generalmente con le tasche, portato specialmente dai militari (tanti cappotti hanno una genesi militare). Non è un  termine corrente della moda, non si trovano prodotti in commercio con questo nome. È un termine abbastanza generico, che non ne definisce una forma propria.   

Il diminutivo
pastranella indicava nel passato un tipo di pastrano meno ampio e con più baveri, indossato talvolta da cocchieri e servitori.


PATCH RICAMATI
Applicazioni ricamate in diversi soggetti e motivi, scudetti.

PATCHWORK | PATCH-WORK [pècciuòk]
Termine inglese, composto da work = lavoro e patch = pezza.
1a. Motivo ottenuto unendo pezzi di tessuti, di maglia, di pelle o di altri materiali, differenti nella qualità che nel contrasto di colore o fantasia, composti di riquadri (non necessariamente regolari a scacchi) cuciti insieme, con cui si confezionano capi d'abbigliamento (molto in voga nello Stile hippy), coperte, tappeti, borse, ecc. Importante l'uso della pelle o della pelliccia maculata abbinate ad altri tessuti per realizzare oltre ad abiti anche accessori come scarpe e borse. 1b. Per estensione, disegno composto dal posizionamento di superfici differenti una accanto all'altra e realizzato con varie tecniche: stampa, punti diversi, ecc.

PATTA  
Dal latino pacta, neutro plurale del participio passato di pangĕre, "fissare, applicare". 1. Risvolto esterno che copre le tasche. 2. Apertura anteriore dei calzoni, che può essere chiusa con bottoni o chiusura lampo. 3. Sinonimo di finta, cioè di una striscia di stoffa che copre una bottoniera.
 
PATTINA
Corta apertura in alto a una gonna o a un pantalone da donna, per infilare più facilmente l'indumento.

PATTERN
Voce inglese, che può essere tradotto (a seconda del contesto) con disegno, modello, schema e struttura ricorrente e ripetitiva. Indica il disegno ornamentale di una superficie (ad esempio nella moda: un tessuto, una tappezzeria, ecc.) moltiplicato ed affiancato tra loro, secondo una griglia regolare ed ordinata. Si parla di pattern variegato quando il motivo, che comunque si ripete, è privo di simmetria o coerenza a causa  delle variazioni di forma e colore.

PCS
Punto di attaccatura collo-spalla. 

PEARL-FLAKES  
Termine inglese. Tessuto ornato di perle e perline.
 
PEAU DE PÈCHE
Dal francese "pelle di pesca". Una tecnica di finissaggio sabbiato applicato alla seta, che abrade leggermente la superficie conferendo una mano morbida e colori sfumati.

PECARI  
Voce di origine caraibica. Mammifero americano, simile al cinghiale, la cui pelle ispida e rossiccia, molto pregiata, viene utilizzata per fabbricare tomaie (scarpe), borse e guanti.

PEIGNOR  
Voce francese; da peigner, pettinare. 1. Mantellina di tessuto leggero usata per proteggere l'abito durante l'acconciatura dei capelli. 2. Anche sinonimo di vestaglia femminile, da indossare sopra la biancheria da notte.
 
PELISSE
1. Soprabito femminile a tre quarti, spesso provvisto di mantellina per le spalle e con bordi di pelliccia, seta o raso; poteva essere anche un mantello o una cappa.
2. Originariamente, corta giacca bordata di pelliccia che era di solito indossata appesa alla spalla sinistra dei soldati leggeri di cavalleria dell'hussar, apparentemente per prevenire tagli con la spada.

PEKIN
Tessuto a righe verticali ottenuto con combinazioni di armature diverse o dal diritto e dal rovescio di una stessa armatura. In quest’ultimo caso non può essere fatto con la tela, che non ha rovescio. Le armature più utilizzate sono la saia, il raso e tutti i loro derivati. Il pekin va tessuto con due orditi separati, quindi con due subbi diversi, poiché il rimborso di un’armatura è diverso da quella di un'altra.

PELLANDA  
Dal francese antico houppelandeAmpia sopravveste lunga fino ai fianchi o alla caviglia, con maniche molto larghe; aderente sulle spalle, si apriva  in ampi drappeggi; diffusasi dalla Borgogna in tutta Europa. Generalmente in tessuto pregiato e guarnita di pelliccia, provvista di uno strascico se usata nell'abbigliamento di corte, la pellanda fu portata da uomini e donne nei sec. XIV e XV.

PELLE  
Dal latino pellis. La pelle è l'epidermide di ogni essere vivente che sia ancora in vita. Nel campo della moda si deve intendere una pelle scuoiata di animale che andrà velocemente in decomposizione se non viene bloccata la putrefazione. Dopo la concia la pelle diventa cuoio, ed è questa la terminologia che si dovrebbe usare. La pelle, appena tolta dall'animale, viene scarnificata, pulita e sottoposta a salatura oppure immersa in salamoia. In queste condizioni la pelle grezza, cioè non ancora conciata, può conservarsi solo per due mesi. Viene resa inalterabile e non più putrescibile con la concia, usata sia al naturale (per le pellicce e per confezionare indumenti e guarnizioni di abiti e cappotti) che depilata e cioè il cuoio (per fabbricare borse e calzature). Nelle pelli non squadrate, sia in quelle di cuoio sia in quelle da pelliccia, si distinguono: a) una parte centrale più pregiata, detta schiena o groppone; b) due parti laterali, più sottili e con il pelo più corto, dette fianchi; c) le appendici, ovvero la testa e le zampe. 

L'unità di misura che viene normalmente utilizzata per quantificare la pelle e cuoio è il piede.

1 piede corrisponde a 30,48 cm
1 piede quadro (pq) = 929,0304 cmq. = 0,029 m²
     
Tutti gli articoli che le concerie producono hanno spessori che variano da un minimo do 0,4 mm ad un massimo di 3,4 mm, dipende dalla sua tipologia e destinazione d'uso.   

La
pelle da sempre fornisce la materia prima per la fabbricazione di calzature, borse e capi d'abbigliamento. È utilizzzata anche nel campo dell'arredamento e per l'interno delle auto.

PELLE DI CIGNO
Raso molto lucido e soffice.

PELLE DI DAINO
1. La pelle di questo mammifero, particolarmente morbida ed elastica, viene generalmente conciata all'olio, per farne scamosciato. È utilizzata per confezionare abiti, giubbotteria e cappotti di lusso, ma anche guanti e pelletteria. Nota anche come pelle di cervo. 2. Nome generico, che definisce la mano, di tessuti vellutati e scamosciati, in cotone, lana o seta, oggi più spesso realizzati in fibre sintetiche (daino). 

PELLE DI DIAVOLO
Tela ruvida di cotone.
 
PELLE DI PECORA
Usata con il vello all'interno e la pelle all'esterno; molto in voga nel periodo dello Stile hippie.

PELLE DI SETA
Tessuto leggero soffice, di seta o di raion a superficie satinata ma poco lucente e piuttosto granuloso. A volte viene impermeabilizzato, per confezionare giacche a vento imbottite di alta qualità.

PELLE D'UOVO
Termine di derivazione popolare. Mussolina finissima (pesa intorno ai 90 g/m²) di cotone, lino, simile alla pelle d'uovo (o meglio alla "testacea", membrana interna posta a protezione della cellula dell'uovo) per aspetto. Il tessuto riceve talvolta una calandratura. Usata per biancheria intima femminile e camicie, fondi di ricami. In arredamento viene impiegato spesso per le fodere interne dei piumini danesi in piuma d'oca perché, essendo battuto e molto compatto e resistente, non lascia fuoriuscire l'imbottitura interna.

PELLEGRINA
1a. Mantella corta che ricopre le spalle. In origine era un corto mantello per viandanti. Di solito completa una giacca o un cappotto, ma anche una sopravveste. Di uso prevalentemente femminile, era molto diffusa nel costume del Seicento. Nel periodo Biedermeier (introrno al 1815 e il 1848) si usava per giacche e cappotti un ampio bavero che ricadeva sulle spalle e su parte del petto. Famosa la pellegrina a quadretti di Sherlock Holmes. 1b. In Olanda nel Seicento indicava, soprattutto,  anche un tipo ampio di colletto.  

PELLE SCAMOSCIATA
Parte interna della pelle di vitello conciata con un procedimento speciale, dal caratteristico aspetto vellutato. Viene impiegata per confezionare capi d'abbigliamento ed accessori.

PELLICCIA  
Dal latino tardo pellicius, che significa "di pelle". 1. Pelle di animale conciata, con pelo folto, morbido e lucente impiegata per indumenti o guarnizioni; quella degli animali viventi nelle zone dal clima freddo è migliore di quella tratta da animali viventi nei luoghi di clima moderato o caldo; la parte del dorso è più pregiata della parte tratta dal ventre. Le pellicce grezze si classificano secondo la qualità del pelame, il valore, le possibilità di impiego, le dimensioni e l'indice di durata approssimativo del prodotto finale confezionato. L'allevamento degli animali da pelliccia ha una sua rilevanza economica. In Canada si allevano volpi  bianche, nere, argentate e azzurre, visoni e martore. Diffusissimo in America meridionale e in Europa è l'allevamento della nutria, la cui pelliccia viene chiamata commercialmente castorino. In Perù, Bolivia, Cile e Argentina viene allevato il cincillà, originario di questi paesi.

Animali da pelliccia - Astrakan, Breitschwantz, Castoro, Chinchillà, Ermellino, Faina, Gatto Civetta, Ghiottone, Guanaco, Kolinsky, Lapin (Coniglio), Leopardo, Lince, Lontra, Marabù, Martora, Mongolia, Murmel (Marmotta), Ocelot, Opossum, Pantera, Petit-gris, Puzzola, Scimmia, Skunk, Talpa, Visone,  Volpe (Renard), Zibellino.

Fodera in pelliccia

2. Indumento invernale, di solito femminile, realizzato o solo foderato con una pelo di animale conciato e lavorato. Si calcola che per una pelliccia di media taglia siano necessari 9 castori, 100 cincillà, 125 ermellini, 30 opossum, 70 zibellini. È stato il primo indumento dell'uomo della preistoria.

Francese: Fourrure | Peau - Inglese: Fur - Tedesco: Pelz | Rauchwaren - Spagnolo: Piel

PELLICCIA SINTETICA  
Locuzione singolare femminile + aggettivo. È generalmente prodotta con fibre sintetiche (acrilico e modacrilica), artificiali (viscosa). Realizzata in morbido e leggero peluche in vari colori, anche con macchie ad imitazione animali (giaguaro, zebra, ecc.). È utilizzata per capi femminili invernali o come guarnizione di colli (e raramente parte finale delle maniche) sia in cappotti o giubbotti femminili e maschili, calzature, ecc.

Nasce negli anni '60 e troverà ampi consensi per la sua praticità, oltre che per un deciso minor prezzo e, con il perfezionarsi delle tecniche di lavorazione, anche per la sua bellezza.

È anche detta "finta pelliccia". Impropriamente viene definita "pelliccia ecologica".

Italiano: Pelliccia sintetica - Francese: Fusse fourrure - Inglese: Fake fur - Tedesco: Pelzimitat - Spagnolo: Simil piel | Falsa piel | Piel artificial

Italiano: Pelliccia ecologica - Francese: Imitation fourrure - Inglese: Fur imitation - Tedesco: Pelzimitation - Spagnolo: Imitacion de piel | Piel artificial
 
PELLICOLA TAGLIATA
Filato piatto ottenuto tagliando instrisce un foglio di materiale solitamente sintetico.

PELO  
Dal latino pilus1. Fibra tessile ricavata dal pelo di diversi animali, utilizzata nell'industria, sia in quella del feltro che in quella tessile (lana di pecora, pelo di lama, alpaca, vigogna, capra cammello, coniglio d'angora); oppure per la preparazione di pennelli o spazzole (martora, vaio, tasso, maiale, cinghiale) o infine quando si lavori tutta intera la pelliccia di un animale per farne indumenti, tappeti, ecc. Un tessuto peloso riflette la luce a seconda della direzione delle fibre. Nei tessuti di questo tipo le parti del modello devono essere piazzate tutte nella stessa direzione. 2. Superficie rilevata sulla faccia superiore di una stoffa; il pelo può essere di trama e ordito, tagliato corto o lungo o ad anellini di filo, a seconda  della struttura d'armatura. 3. Peluria dei panni di lana.

Francese: Poil - Inglese: Hair - Tedesco: Haar - Spagnolo: Pelo

PELO CAMMELLO (interfodera)  
Denominazione rimasta indebitamente da quando negli anni '20 il pelo di cammello era usato al posto del pelo di capra. Viene denominato tessuto di pelo cammello quella interfodera in armatura tela la cui trama è in misto lana di capra (comunemente definito "pelo capra") ed in taluni casi anche lana ovina mischiate generalmente con fibre artificiali. L'ordito generalmente impiega filato 100% cotone sia unico che ritorto, ma per esigenze di mano o manutenzione può impiegare altre fibre (viscosa). L'abbandono del pelo cammello a favore del pelo di capra si deve al fatto che è sensibilmente più economico e dotato di maggiore elasticità, caratteristica saliente per le interfodere, che devono sempre tenere in forma l'abito.

Impiego - L'utilizzo del pelo cammello è generalmente riservato a confezioni di capispalla maschili mentre è fortemente minoritario nel capospalla femminile, in diverse parti del capo stesso. L'utilizzo più tradizionale in quello maschile è di intelare l'intero davanti con il pelo cammello debitamente rinforzato nella zona plastron da crine sintetico o crine animale o crine sintetico più crine animale. Nel caso di non totale intelatura del capo (prevalente nel capospalla femminile), si usa comunque il pelo cammello come ulteriore rinforzo in zona plastron assommato ai crini. Questo sia solo per il petto, sia allargato fino al rever, in quella che viene chiamata la lavorazione semi tradizionale. Altre parti in cui si impiega il pelo cammello sono la zona spalla nel rollino e in certi casi nella spalla vera e propria come spallina.

Peli cammello da intelatura totale - Sono in genere i più pregiati e i più accurati nella realizzazione in quanto devono assolvere ad un compito fondamentale nella costruzione di un capo. I pesi di questi cammelli variano da 150-160 gr./mq. fino ai 200-230 gr./mq. In finissaggio se ne cura particolarmente l'aspetto, la scivolosità, la mano e lo scatto. Importantissimo per questa applicazione sono le stabilità dimensionali, che dovrebbero essere contenute entro un massimo del 1-1,5% sia in ordito sia in trama. Qualora non si riesca ad ottenere queste stabilità, diventa quasi indispensabile, una volta confezionate le tele, doverle bagnare ed asciugare al fine di permettere alla tela di raggiungere quella stabilità dimensionale prima di essere imbastita sul davanti del tessuto. Altro elemento importante dei peli cammello per intelatura totale è che debbono conservare una certa elasticità in ordito e possibilmente anche in trama, per potersi adattare perfettamente al tessuto a cui andranno uniti, durante la fabbricazione e lo stiro del capo, e durante poi l'uso del capo stesso.

Peli cammello da plastron - In questo caso è possibile usare gli stessi peli cammello di costruzione simile, ma più economici, non dovendo assolvere a tutte quelle funzioni richieste ad un pelo cammello per intelatura totale. Anche le stabilità dimensionali possono essere leggermente più elastiche di quelle richieste dai cammelli per intelatura totale: normalmente vengono accettati ritiri, sia in senso ordito sia in senso trama, dell'ordine del 2% ed in ogni caso questi peli cammello per plastron non vengono più ribagnati in quanto ritiri di questo ordine sono accettabili tecnicamente per quanto riguarda la loro funzione sul capo.

Peli cammello da rollini - Normalmente in un rollino da capospalla viene impiegato un pelo cammello abbinato ad altri materiali che tenda a "spingere" il tessuto per 360° lungo il giro della spalla. A questo scopo vengono impiegati peli cammello di forte scatto nel senso trama che, uniti in uno o più pezzi, assolvono alle funzioni richieste. Per ottenere questo forte scatto in senso trama si impiegano filati molto pregiati, quindi tutto pelo capra e lana, oppure filati di titolo leggermente maggiore di quelli degli altri peli cammello e misti in viscosa pelo; più il filato è grosso come titolo, tendenzialmente darà più scatto. In alcuni casi, per questi particolari peli cammello da rollino, si impiegano dei prodotti che hanno l'ordito uguale alla trama che sono chiamati Peli cammelli quadrati; impiegando prodotti con ordito uguale alla trama, sempre con le stesse materie prime, si ottiene un tessuto che ha lo stesso scatto da qualsiasi parte venga preso. Questo può essere utile nel rollino in quanto, con un solo pezzo di pelo cammello, si ottiene quella "spinta" a 360° richiesta per questa applicazione.

Peli cammello per spalline - Nella fabbricazione della spallina imbottita,  le varie ovatte possono essere unite a dei peli cammello che contribuiscono a mantenere la forma della spalla stessa. Usualmente, per queste operazioni, si impiegano peli cammello di non eccelsa qualità, con bassa percentuale di pelo di capra, orditi grossolani di cotone o viscosa.

PELOSITÀ  
Da peloso. Qualità di un tessuto o filato che può essere eliminata con operazioni di gasatura, bruciapelo o cimatura.

PELUCHE  
Voce francese, che può avere origine sia dall'italiano "peluzzo", sia dal verbo francese antico pelucher, "spelare, togliere i peli". Tessuto in fibra sintetica (raramente lana) simile alla felpa o al velour, ma con il pelo molto più lungo e morbido, ottenuta da tessitura o lavorazione a maglia. Nell'abbigliamento è impiegato soprattutto per pellicce sintetiche o come guarnizione di capi (colli, fondi maniche, cappelli). Il suo utilizzo primario è però nella confezione di pupazzi e fantocci giocattolo.

PENNECCHIO  
Dal latino peniculŭs, piccola coda, incrociato con penna. Quantità di lino, canapa, cotone o lana da filare che si pone sulla rocca.

PEPE E SALE
È un effetto ottico ottenuto sul fondo del tessuto con una mescolanza di bianco e un colore scuro, possibilmente il grigio; la risultante è un fondo chiaro-scuro puntinato, simile ad una mescolanza di sale e di pepe sparsi su un piano. Si possono ottenere simili effetti sia nei cardati che nei pettinati, purché il titolo sia sufficientemente alto da permettere la omogenea mescolanza punteggiata dei due componenti. Tutte le armature classiche possono essere usate per questo effetto, tela e derivati, saia e derivati, raso e derivati. La tela, tuttavia, è l'armatura che maggiormente produce l'effetto di "Pepe e sale" poiché, con le sue evoluzioni, aiuta a creare, col mouliné, l'effetto della puntinatura del fondo; se la tela è eseguita con filati a tre capi, dà un risultato ancora migliore, quando ad esempio un capo è bianco, un secondo è grigio 1 e un terzo grigio 2, ossia più scuro; è possibile ottenere l'effetto "Pepe-sale" anche con un tre capi, dove oltre al bianco vi sono due capi colorati in tono. Anche la saia da 3 pesante dà un ottimo effetto di "Pepe-sale" ottenuto mediante la catena bianco-nera mouliné e la trama perlino chiarissimo che appare nei passi di trama da 1. Anche la batavia produce un effetto di "Pepe-sale" disegnato, dove in catena il chiaro è candido e lo scuro è mouliné bianco/nero, mentre in trama il chiaro è mouliné bianco/nero e lo scuro è nero. La mescolanza dei bianchi di catena e dei neri di trama produce un effetto molto marcato di puntinatura.

PEPITA 
Tessuto realizzato con armatura batavia e con alternanza di colore 4-4 sia in trama che in ordito, quadri chiari e scuri con effetto dentellato.

PEPLO   
Dal latino peplus, dal greco pélos corrispondente alla claina maschile. 1. Nell’antica Grecia, veste femminile dorica, di lana bianca, costituita da un rettangolo di stoffa il cui margine superiore veniva ripiegato a formare un risvolto, passato sotto il braccio destro, appuntato con una fibula,   ricadente fino ai piedi. All'inizio il peplo restava aperto su un fianco, poi cucito e stretto in vita da una cintura. Dal sec. VII a.C. fu anche in cotone o bisso e sopravvisse insieme al chitone, confondendosi spesso con esso. 2. Abito a tunica svasata fissato in vita.

PERCALLE  
Dal francese percale, a sua volta derivato dal persiano pargālè, "pezzo di tessuto". Tessuto di solito in  cotone mercerizzato a capo unico o misto cotone pettinato, ma anche in lino o poliestere, con alta densità di fili d'ordito (da 80 a 120  per cm) e molto leggero su armatura tela, dove il disegno a quadretti o a righe è prodotto dal filo dell'ordito che incrocia i fili della trama. Può essere bianco  o tinto nei colori pastello. Si usa stampato per camicie da uomo, abiti estivi e camicette per bambini. Una volta era usato principalmente per lenzuola, fazzoletti, sottovesti e camicie da notte.

PERFORMANTE
Concetto riferito all'abbigliamento outerwear per capi con prestazioni specifiche aggiuntive (assoluta traspirabilità e impermeabilità, termoisolamento, ecc.) rispetto allo standard del settore. L'origine di questi capi è nell'activewear, ma oggi sono presenti anche nello sportswear e nel formalwear.

PERGAMOIDE 
Tessuto trattato come le tele cerate.

PERIZOMA  
Voce dotta dal latino tardo, risalente al verbo greco perizôma composto di peri “intorno” e zôma “cintura, cingersi, mettersi attorno”. 1. Fascia che avvolge i fianchi e scende a coprire i genitali; solitamente in cotone o lino, era trattenuto da una fibula, o semplicemente annodato. Tipico costume tradizionale dei popoli primitivi (in particolare modelli costruiti con pelle e/o fibre vegetali). Usato anche dagli antichi egizi e nella antica Grecia dove veniva portato dagli atleti o nei bagni termali. Tipico della cultura detta di Marajó (isola, la più grande, del delta del Rio delle Amazzoni, nel Brasile settentrionale), ma viene ancora adottata da alcuni gruppi amazzonici della foce del Rio delle Amazzoni, è un indumento ridottissimo (copriprudènte) femminile costituito da una placchetta di ceramica a forma triangolare, tenuta sospesa da una cordicella passante per due fori praticati lungo la base. 2. Oggi, impropriamente, s’intende un indumento intimo (classificabile nella categoria “mutandine”), di uso prevalentemente femminile, ma ora presente anche nell'abbigliamento maschile. Nei paesi anglosassoni è chiamato string, lemma che si sta diffondendo rapidamente anche in Italia, e che appare più appropriato. La sua caratteristica principale consiste nell'essere la sua parte posteriore costituita, invece che da un pannello di tessuto, unicamente da una sottile striscia, o anche un semplice cordoncino, che congiunge il cavallo con la cintura dell'indumento.

PERLATO  
Da perla. 
1. Velluto allestito su telaio con meccanica jacquard, con un disegno ad effetto pelo, caratterizzato da un buon drappeggio ma spesso fragile. Viene usato per abiti da sera, per sovraccoperte e per tappezzerie. 2. Che ha l'aspetto ed il colore della perla (grigio, rosa perlato, di tono molto chiaro e lucente).

PERLÉ   
Termine francese, propriamente “perlato”. 1. Filato (generalmente di cotone) da uncinetto o ricamo, simile al cordonetto, dotato di lucentezza particolare. 2. Punto di ricamo su tela a base di nodi, frequente in quelli antichi.

PERLON® 
Fibra poliammidica prodotta dalla Bayer AG; ottenuta per polimerizzazione del caprolattame (nylon 6), di cui è iniziata la produzione su vasta scala nel 1943.

PESO (di un tessuto)
È il peso calcolato su una superficie di 100 cm./q ed è espresso generalmente al mq o in grammi al metro lineare. È importante la costanza del peso più che il peso in se stesso, che deve comunque mantenersi entro il +/- 5% di quello dichiarato.

Formula MQ - ML
Peso al m² x altezza ÷ 100

Francese: Poids du tissu - Inglese: Fabric weight - Tedesco: Gewebegewicht - Spagnolo: Peso del tejido

PETIT-GRIS  
Termine francese, che significa "piccolo grigio". Nome che i francesi danno alla pelliccia di scoiattolo, della quale verranno utilizzati solo i dorsi di colore grigio. Le pelli più pregiate vengono dalla Russia e dalla Siberia. È indicato anche con il termine vaio.

PETIT-POINT  
Termine francese, che significa "piccolo punto". Particolare tipo di ricamo con un solo filo, che permette di ricoprire interamente la stoffa di fondo. Tipiche le borsette da sera viennesi a fiori o soggetti vari.

PETTINACCIA  
Da pettine. Scarto della pettinatura della lana, costituita dalle fibre più corte eliminate dai pettini.

PETTINATO  
Da pettine, strumento per pettinare le fibre tessili. 1. Filato in cui le fibre, durante il processo di filatura, sono disposte parallelamente tramite l'operazione di pettinatura. Rispetto ai cardati, i filati pettinati sono più puliti e con minor numero di imperfezioni (neps, tagli, fiamme, ecc.), più resistenti e meno pelosi; hanno un aspetto molto più regolare (assenza di chiarelle e di imperfezioni di filato) ed un'uniformità cromatica tintoriale decisamente superiore. 2. Per estensione il tessuto fatto con questo filato si dice "pettinato". I tessuti pettinati sono di peso medio e leggero e vengono realizzati in una grande varietà di fibre (lana, cotone, ecc.) di disegni operati, o stampati o in tinta unita. Sono caratterizzati, quasi sempre, da una superficie liscia e lucida.

PETTINATO FOULARD
Pettinato leggero (g 200-230 ca.) realizzato in lana in titoli finissimi.

PETTINATURA
Operazione, conseguente alla cardatura, a cui sono sottoposte le fibre per renderle più resistenti ad una maggiore torsione e stiratura. È svolta da una macchina dotata di pettini i quali provvedono a parallelizzare perfettamente il velo di carda, liberandolo dalle impurità residue (completando la pulitura delle fibre) e selezionando le stesse in lunghezza, eliminando le fibre più corte che potranno poi essere utilizzate per pettinati di minor pregio.

PETTINE BATTENTE
Organo del telaio,  normalmente rettangolare, sul quale sono fissate una serie di fitte lamelle d'acciaio parallele, attraverso cui passano i fili d'ordito.

PETTINO  
Diminutivo di petto.1. Parte separata del grembiule che copre il petto. 2a. Davantino. Negli abiti femminili costituisce un motivo ornamentale ed è solitamente staccato, in colore o tessuto diverso, spesso ricamato o pieghettato. 2b. Nelle camicie eleganti maschili, parte anteriore staccata e inamidata. 3. In passato striscia di stoffa, specialmente triangolare, che le donne ponevano sotto la scollatura degli abiti femminili per coprire parzialmente il seno, sotto.

PETTORINA  
Dall'incrocio di pettino con pettorale. 1. Sinonimo di davantino, che è un pezzo di stoffa che si usa come ornamento in vestiti infantili o negli abiti femminili per coprire una scollatura. Oggi la pettorina resta in molti abiti folcloristici. 2. Parte di un grembiule, di una salopette, ecc., che ricopre il petto, impropriamente col significato di davantino.

PEZZA  
Dal latino volgare pettia, parola di origine gallica. 1. Determinata lunghezza (metri) di un tessuto. Normalmente, se destinato all'industria, è arrotolato (arrotolatura) in tutta altezza su tubo di cartone, ma può essere anche in barchetta,  soprattutto se destinato alla vendita nei negozi. 2. Pezzo, ritaglio più o meno piccolo di stoffa. 

Francese
: Piièce - I
nglese: Piece - Tedesco: Stuck - Spagnolo: Pieza

PEZZE CAMPIONE (PEZZA CAMPIONE)
Esse vengono ordinate dal cliente (e hanno una lunghezza ridotta), assieme ai campioni grandi delle varianti (da 20 cm a 2-3 metri), talvolta subito, durante la visione del campionario, per poterle ricevere al più presto; esse servono a preparare i capi campionario o modelli, che il confezionista dovrà esibire ai propri clienti (negozi, magazzini) affinché si rendano conto del taglio, della linea, dello stile del capo confezionato, eseguito con una determinata stoffa. Tutte queste operazioni necessitano di tempi brevi, mai superiori ai 40, 45 giorni di calendario. È logico che pezze campione,  campioni grandi varianti, si dovranno eseguire in appositi telai da campioni (o linea stampa), senza interrompere né disturbare la produzione delle pezze della stagione precedente, che avviene sempre contemporaneamente.

pH
Notazione usata in chimica per indicare il grado di acidità o di basicità di una soluzione. Per convenzione si assume come misura dell'acidità o della basicità di una soluzione acquosa l'inverso del logaritmo della concentrazione degli ioni idrogeno. Indice da 1 a 14 che rappresenta una scala logaritmica; le soluzioni neutre risultano avere pH 7; quelle acide pH inferiore a 7; quelle basiche pH compreso tra 7 e 14.

P. K.  
Abbreviazione del tedesco Postkarte (cartolina postale). Dimensione standard (cm 10 x 15) di campioni di tessuto richiesti da clienti per fare una successiva scelta, dopo averli confrontati con tessuti di più aziende produttrici.

PIANALE
Basso piano di legno sul quale vengono poste le pezze durante le varie lavorazioni. Anche unità di misura approssimativa (esempio: Bisogna cimare altri tre pianali di panno). È detto anche pancale.
 
PIANELLA  
Da piano (aggettivo e avverbio). 1. Calzatura (pantofola) da casa, per uomo e donna, leggera, aperta posteriormente in corrispondenza del calcagno, col tacco basso o priva di tacco. 2. In antico era una calzatura di lusso, anche da passeggio, con tacco basso.

PIANETA  
Dal latino tardo planetǐca, veste da viaggio, risalente al greco planētikós, erranteVeste liturgica, derivata da un ampio mantello (penula) usato dai Romani, distintiva dei sacerdoti, usata ora per la celebrazione della Messa, ma fino al sec. XII anche per altre sacre funzioni. Si cominciò allora a ridurla ai fianchi per avere le braccia più libere e si arrivò così alla forma ancora in uso, consistente in due pezzi di stoffa cuciti insieme, senza maniche, scendenti fino alle ginocchia e alla stessa altezza nel dorso. In seguito si è tornati all'antica forma ampia, che più propriamente è detta “casula”, quasi piccola casa o cappa che ricopre tutto il corpo.  

PIANO DI PIAZZAMENTO
Collocazione dei pezzi del modello sul tessuto, al fine di ridurre al minimo gli sprechi. Nel settore industriale questa operazione è ormai eseguita prevalentemente a computer.  

PIAZZATO
Disegno, ricamo o motivo stampato collocato in un determinato punto del tessuto o del capo finito e che rimane come unica decorazione, non ripetuta.  

PIBIONES | PIBIONIS
In sardo significa "acini d'uva". Tecnica tradizionale di tessitura a grani chiamata a “pibionis” (o “pibiones”, dove i piccoli anelli di filato (pipiolini) sporgono dalla superficie del tessuto formando un disegno. È un tessuto abbastanza pesante e compatto ad armatura tela o, più frequentemente, a saia 2/2, dove il disegno è creato da un filo supplementare, di titolo maggiore di quelli che costituiscono la tela di fondo. Il disegno è realizzato portando i pibiones in rilievo rispetto alla superficie di tessitura. Questo può essere fatto mantenendo lo stesso colore di base, o dando a  questo rilievo uno o più colori diversi affinché il motivo sia maggiormente evidente. Nascono così tessiture a “tessuto pieno” dove i pibiones sono strettamente addossati gli uni agli altri a formare una superficie uniforme movimentata da un disegno ottenuto con i cambi di colore, e tessiture a “tessuto semipieno” dove gli spazi tra i pibiones mettono in evidenza la tessitura sottostante. Per la sua creazione si utilizza un telaio orizzontale. I filati impiegati possono essere la lana, il cotone, il lino, ecc. Questo tipo di tessuto si utilizza per sofisticate tovaglie, tende, asciugamani e copriletti, ma anche per borse o oggettistica varia. È tipico delle aree centrali e orientali della Sardegna (in particolare di Samugheo).
 
PICCADILLY
1a. In origine ( XVI secolo) bordo a linguette o a festoni su un farsetto; 1b. in seguito, supporto per collo increspato o inaamidato. 

PICOT
1. Elemento decorativo utilizzato nel ricamo per delineare il contorno di un motivo ornamentale. 2. Quadretti o cerchietti presenti in cimossa dei disegni stampati (stampa tradizionale) introdotti sia per numerare i colori presenti che per verificare l'esatto rientro. Tutti i colori poi si riassumono in un "timoncino", forma grafica, dove si verifica l'esattezza del rientro dei colori fra di loro (uguale al nero).

PIED DE COQ 
Termine francese. Tessuto molto simile al pied de poule, ma con disegni un po' più grandi.

PIED DE POULE  [piè de pul]
Termine francese, che significa "zampa di gallina", infatti il pattern ricorda vagamente proprio l'impronta della zampa della gallina. 1. Disegno bicolore, fondato sul quadrato, con piccoli prolungamenti negli angoli che collegano i quadrati e che richiamano, come dice il termine, l'impronta della zampa di gallina. È un motivo classico, che può essere in versione micro o macro, a seconda delle tendenze moda. 2. Tessuto che può essere sia di lana cardata che pettinata, ottenuto con un effetto di colore su armatura batavia ordendo e tessendo 4 fili chiari e 4 fili scuri (esempio: ins. 1 nero, ins. 2 bianco, ins. 1 nero = ins. 4 al rapporto). Siccome le partenze di trama della batavia da 4 sono 4, si potranno scegliere i 4 effetti voluti, tenendo presente che in drapperia è assolutamente necessario che il trattino diagonale (messincarta) che riunisce i quadretti (ottenuti dall'incrocio dei 4 scuri) sia in senso di catena, ossia riunisca un quadretto superiore con uno inferiore; questo perché si vuole sempre un aspetto verticaleggiante degli effetti di colore; in laneria invece è preferito il trattino diagonale che riunisce due quadretti orizzontali. In gergo tecnico si dice che il Pied de poule attacca per catena (drapperia) o per trama (laneria). Il peso può variare molto, generalmente dai 200 ai 450 g/mq a seconda dei titoli impiegati. La stoffa viene impiegata sia per abiti maschili che femminili (giacche e completi) di carattere sportivo. All'inizio si usavano solo due colori, il bianco e nero, ora altre tinte in contrasto quali l'avorio con il marrone, il grigio chiaro con il grigio scuro, ecc. È uno dei componenti (se in base batavia) del "Principe di Galles". Per migliorare l'effetto cromatico del "Pied de poule" e per dare maggiore movimento al suo fondo, si usa spesso il "doppio pied de poule", ottenuto con la batavia da 6, di dimensioni maggiori del precedente, ma molto simile, costituito da tre colori.

PIEDINO PREMISTOFFA
Parte della macchina da cucire che tiene fermo il tessuto durante la lavorazione.

PIEGA (PIEGHE)  
Da piegare. 1. Parte del tessuto ripiegata su se stessa in modo da formare un doppio spessore. È un effetto inserito nel capo come dettaglio stilistico o per conferirgli adattabilità quando viene indossato, ma è più spesso una forma di eliminazione. Le pieghe in serie seguono un'unica direzione e mantengono la stessa profondità da cima a fondo. Le pieghe si possono realizzare disponendo variamente il tessuto sotto uno sprone o un elastico, o con processi di pressatura industriale. Possono essere stirate con ferro a vapore, cucite in lunghezza parallelamente alla linea di piegatura del tessuto, o anche essere realizzate in modo permanente, con apposite soluzioni industriali, su fibre sintetiche. Ne esistono di molti tipi: plissé,  girate, a cannone, a ventaglio, ecc. In maglia, sono ottenute su telai a doppia frontura con calibro fine, per mezzo di uno spostamenti di aghi che permette di ottenere del jersey diritto, del jersey rovescio e delle coste. Alcune possono essere animate con lo jacquard a coste o da rilievi a sbalze. Si distinguono il plissettato a fisarmonica, il plissettato incavato e il plissettato inclinato. I tessuti realizzati con calibri molto sottili possono essere plissettati regolarmente o in maniera casuale, tramite stiratura a caldo. 2. Segno che resta quando si piega. 

Francese
: Pli - I
nglese: Fold - Tedesco: Falte - Spagnolo: Pliegue.

PIEGHE MORTE
Pieghe di lunghezza variabile, presenti sul tessuto, posizionate casualmente, dovute ad una profonda trasformazione fisica del tessuto. Sono un grave difetto della pezza che avviene nelle lavorazioni di follatura e tintoria. Si tratta di piegature stabili. Sono anche chiamate bastonature.

PIEGOLINA
Ripiegamento del tessuto su se stesso inserito in un capo come un dettaglio stilistico o per conferirgli  maggiore vestibilità. Come le pieghe, anche le piegoline sono fermate con una cucitura, ma non hanno una linea direzionale definita; esse iniziano con una profondità precisa, ma vengono lasciate aperte per muoversi naturalmente e fornire all'indumento flessibilità e volume.  

PIGIAMA  
Dall'inglese pyjamas, dal persiano pāy jāmè, piede, gasmba+jāmè, vestitoIndumento intimo da notte (ma può essere usato anche per il giorno in casa) per ambo i sessi costituito da giacca e calzoni (lunghi o corti) in tessuti in fibre naturali (batista cotone, popeline cotone, jersey cotone, flanella, seta) o tessuti misti (jersey cotone/modal, lana/acrilico, felpa cotone/acrilico) e articoli in satin 100% poliestere. Oltre che nelle forme e colore e negli utilizzi, l'evolversi del pigiama ha coinvolto anche i materiali sempre più confortevoli.

Se ne conosce anche una versione femminile da sera con stoffe pregiate, chiamato
pigiama palazzo, confezionato con tessuto morbido e leggero.


PIGMENTO (colorante)  
Dal latino pigmentum, da pingere, "colorare". Materia inorganica in polvere colorante, per lo più insolubile in acqua, per tessuti stampati che ha la caratteristica di non penetrare nella fibra del tessuto ma di depositarsi sulla stessa, che può essere deposta per stampa o per spalmatura sul tessuto, trattenuta da particolari leganti.

PILE [pail]
Termine inglese. Stoffa realizzata in tessitura, in maglia gettata e in maglia rasata. In quest'ultimo caso, si utilizza il jersey bouclé. Sulle due facce della stoffa vengono viene poi eseguita una spazzolatura finale (in inglese fleece) che serve a creare l’aspetto soffice e a pelo raso. Tessuto morbido e peloso, idrorepellente e isolante, caldissimo. Il pile è una fibra sintetica a base di poliestere, ottenuta da materiali quali il PET (polietilene tereftalato) in pratica, le bottiglie di plastica riciclate. Il PET viene frammentato in scaglie, chiamate "flake", delle dimensioni dei coriandoli. Nella sua composizione, oltre al poliestere, possono essere aggiunte altre fibre, come poliammide, acrilico ed elastan.   Grazie alle sue qualità, tra cui la semplicità nel lavaggio (a 30°C o 40°C) e la rapida asciugatura senza stiratura (easy-care), la famiglia dei tessuti di pile si è a poco a poco arricchita di infinite varianti, con mano, pesi (dalla versione "peso seta" silkweight a quella loft progettata per attività outdoor in condizioni di freddo intenso), peculiarità e prestazioni diverse. Il marchio più conosciuto nel pile è il Polartec ® (fibra in poliestere).  Oggi è possibile lavorare la superficie in modo da ottenere effetti speciali, a volte davvero glamour. Esiste anche un tipo di pile jacquard, prodotto di alta qualità, realizzabile con qualsiasi disegno, impiegato soprattutto dall'haute couture. Ecco allora il pile dall'aspetto tweed, l'effetto spina di pesce, le cordonature più o meno sottili e il look "lana tricot" o "lana vissuta", che si aggiungono ai già noti nido d'ape, costine e alla superficie che ricorda il piqué di cotone, o le varie spalmature. Fra le più recenti novità, ad alto tasso di tecnologia, c'è il Polartec Thermal Pro Biomimicry che imita (nel vero senso della parola) la pelliccia degli animali. Il suo punto di forza è il doppio manto, perché sotto al pelo lungo che lo caratterizza c'è un "sottomano" più fitto, morbido, vellutato. ImpieghiUtilizzato specialmente per indumenti sportivi o da montagna, ma anche per realizzare pigiami, T-shirt ed altri accessori abbigliamento, dai berretti ai guanti alle pantofole.

PILLING
Termine inglese da pills, propriamente "pillola", "pallottola". Caratteristica tendenza più o meno marcata di un tessuto, specialmente della maglia, a presentare sulla propria superficie un certo numero di palline, gruppetti, bottoni, costituiti dalla peluria formatesi a seguito di pressioni o sfregamenti e dei movimenti interni delle fibre nel tessuto; dapprima sollevano della peluria che in un secondo momento si aggrega formando pallottoline di fibre di pochissimi millimetri di diametro che alterano la regolarità di aspetto del tessuto. Le cause che portano alla formazione del difetto sono da ricercare soprattutto nelle caratteristiche del filato; infatti si può osservare come il pilling si presenti normalmente su tessuti fabbricati con filati discontinui o con filati aventi basse torsioni (come i filati ad uso maglieria), o nelle caratteristiche delle fibre. Le fibre sintetiche, ad esempio, favoriscono il formarsi del pilling a causa della loro elevata tenacità, della resistenza alle flessioni, della rigidità. Infatti fibre con una buona tenacità e scarsa rigidità sono facilmente portate alla superficie da un'azione meccanica esterna e quindi, una volta assemblatesi, daranno origine al difetto. Altre caratteristiche delle fibre che possono influire sulla formazione del pilling sono la finezza, la lunghezza e la sezione trasversale. Ad esempio un filato formato da fibre discontinue con sezione circolare e superficie liscia darà origine ad un maggior pilling. Da quanto detto sopra appare evidente come si presenti difficoltosa una valutazione del pilling con delle prove di laboratorio che devono tenere presente le molteplici cause non controllabili del difetto al fine di ottenere dei risultati che rispecchiano le reali condizioni di impiego del tessuto. In italiano: bioccolatura (anche se meno usato).

PILOT
Borsa generalmente in nylon resistente e interamente imbottita con tracolla e fibbie in metallo; ha numerose tasche e scomparti. Il telaio è rinforzato e la maniglia robusta dà la giusta stabilità.

PINCE 
Voce francese del verbo pincer, "pizzicare, stringere". 1. Piccola piega di tessuto cucito, che si restringe su una o su entrambe le estremità, che dà forma a un capo d'abbigliamento per permettere di riprendere l'ampiezza di un tessuto seguendo le forme di un corpo e che serve a metterle in risalto. La pince è larga dalla parte del tracciato di cucitura, dove toglie il tessuto in eccesso, e si riduce a una punta dove c'è la sporgenza o la curva del corpo. La posizione della pince, la loro direzione e collocazione, variano in base al modello e alla conformazione del soggetto. Le pieghe si possono realizzare disponendo variamente il tessuto (di solito si pratica su modelli in tessuto ortogonale) sotto uno sprone o un elastico, o con processi di pressatura industriali. Ne esistono di molti tipi: plissé,  girate, a cannone, a ventaglio, ecc. Nei pantaloni le pince servono ad avviare la riga dei pantaloni e a farli cadere meglio quando si mettono le mani in tasca. 2. Nel linguaggio corrente il termine è spesso usato come sinonimo di ripresa.

PINOCCHIETTO  
Dal nome proprio Pinocchio, protagonista della celebre favola del Collodi (1881-83). Pantaloni aderenti che arrivano appena sotto al ginocchio, con spachetto all'orlo, tipici della moda da spiaggia. Come sinonimo possono essere chiamati pantaloni alla corsara o pantaloni alla pirata, dove a differenza per il nome pinocchietto non c'è inganno, in quanto i pirati indossavano realmente calzoni al ginocchio, come era uso nel XVII secolo.

PIN-UP   
Locuzione inglese; propriamente "ragazza da appuntare con spilli". Ragazza procace ed avvenente la cui immagine viene spesso riprodotta su riviste, calendari, manifesti pubblicitari e simili.

PIQ | PIQUET
Termine francese; da piquer, piccare. 1. Tessuto a telaio, in genere, di cotone caratteristico per la sua superficie ad incavi e a rilievi, ottenendo effetti di costina, a rombi, a quadri, a puntini, a scaletta, ad occhio di pernice. È costituito da quattro elementi: due orditi (uno di fondo e uno supplementare, molto lento)e due trame (una di fondo ed una per imbottitura). L'effetto è ottenuto dalla depressione prodotta dalla catena supplementare, fortemente tesa che passando sulle trame le obbliga ad abbassarsi in quel punto e a formare un incavo. 2. Tessuto a maglia realizzato su macchine monofrontura (base rasata) o bifrontura (base a costa o interlock) con punti di imboccolatura o di maglie trattenute che creano sulla superficie del tessuto dei piccoli rilievi. Tipico è il piqué "Lacoste" (base maglia rasata) impiegato per la produzione di polo. La superficie a piccoli rilievi determina una buona capacità di assorbimento, mentre la base in rasata non comporta un eccessivo spessore. In italiano: picchè.

PIPING  
Bordo sbieco da inserire tra il tessuto esterno e la fodera, ripiegato e cucito, che contiene un'anima come un cordoncino che lo rende gonfio. Lo si trova pronto nelle mercerie o lo si può creare da sé con una striscia di tessuto tagliato sbieco, ed un cordoncino morbido inserito e bloccato con una cucitura. Si può adesivare il tessuto del bordino con un adesivo leggero così risulta più consistente e si lavora anche meglio.

PISTAGNA  
Dallo spagnolo "pestaña", orlo. 1. Striscia di tessuto a taglio dritto: forma il bavero delle giacche e dei soprabiti. 2. Filetto posto lungo la parte esterna dei calzoni e lungo l'estremità dei polsini e degli spallini nelle divise militari.
 
PITTOGRAMMA
Dall’inglese pictogram, tratto da pictography (pittografia), con il suffissoide -gram «-gramma». 1. Disegno o simbolo stilizzato, caratterizzato da semplicità, riconoscibilità, immediatezza, che aiuta a capire meglio quello che compriamo e della qualità dei materiali che vengono usati (ad esempio: usati per il cuoio, nella calzatura sulla suola o all'interno della scarpa, ecc. Anche i simboli di lavanderia sono un pittogramma che rappresenta un metodo di lavaggio).
2.
Genericamente, è il disegno di un oggetto, eseguito per richiamare l’attenzione su aspetti dell’oggetto reale, più o meno definiti da particolari del disegno stesso. Può essere anche 
un segno astratto che identifica l’impresa. A differenza del logo, il pittogramma non è né leggibile né pronunciabile.

I pittogrammi sono la trasposizione grafica degli oggetti rappresentati e vengono classificati in:
  • ideogrammi, se abbiamo dei segni astratti
  • iconografie, se il segno è somigliante all’oggetto
PIUMINO  
Diminutivo di piuma, da cui il suo nome. Capo imbottito di piume d’oca o, più facilmente oggi, di altri materiali sintetici che per le loro performance tecniche di termo-regolabilità e leggerezza sono da preferire, anche per un minor costo, alla piuma isolante. A forma di giacca, giaccone o in versione fino alla caviglia, nei caratteristici rigonfi a liste, a losanghe, ottenuti dalla cucitura che ferma l'imbottitura; i tessuti impiegati, in genere, sono sintetici o cotoni impermeabilizzati ma si usano anche tessuti più fini quali la seta. Si usa soprattutto in montagna, ma è entrato a far parte anche dell'abbigliamento antifreddo quotidiano. 

PIUPIU
Gonnellino e gonna cerimoniale dei Māori (popolo polinesiano), formata da una folta frangia di fibre tubolari di lino neozelandese fissate a una cintura.  
 
PIVIALE
Dal latino pluviale, propriamente «mantello da pioggia». Ampia cappa, tagliata a semicerchio e indossata dai prelati di varie Chiese cristiane.

PIZZO  
Voce forse di derivazione germanica, non usata prima della fine del secolo XVI. Prodotto decorativo che trae la sua origine dal tessuto a rete, che comporta delle superfici opache e trasparenti. Può essere fatto a mano o a macchina. Viene realizzata con varie tecniche: traforo artigianale, meccanico, maglia gettata, maglia rasata.
  • Pizzo a bande - Strisce di pizzo in varie altezze.
  • Pizzo a medaglione - Prodotto strutturato a motivi singoli come elementi ornamentali.
  • Pizzo all over - È così denominato quando il motivo si estende su tutta l'altezza del tessuto.
  • Pizzo a fuselli meccanici - Sviluppo industriale della lavorazione manuale del "pizzo" o merletto a tombolo.
  • Pizzo Chantilly - Prodotto originario dalla regione francese, da cui prende il nome. Si tratta di un pizzo di alta qualità, costruito con l'impiego di filati fini e lucidi. I motivi sono generalmente floreali, lavorati su strutture molto leggere.
  • Pizzo Raschel - Lavorazione a telaio da cui prende il nome dal suo inventore. I pizzi ottenuti con queste macchine sono di varie fogge. Commercialmente sono i pizzi più economici.
  • Pizzo Valenciennes - Valenciennes. I motivi realizzati sono molto complessi e di particolare pregio. Le produzioni originarie erano fatte con filati di lino molto fini. 
Per il pizzo Sangallo, in quanto è un tessuto a pizzo, si rimanda alla voce Sangallo in questo dizionario.

Sinonimo di
merletto,  anche se è da proporre di utilizzare questo termine solo per i lavori fatti a mano.

PLACCATURA
1. Operazione effettuata a scopo estetico o di protezione, consistente genericamente nel ricoprire la superficie di un materiale con uno strato di altro materiale, che può essere metallico o non metallico. 2. Ind. cuoio - Operazione consistente nello schiacciare e rendere lucida la superficie di una pelle, o una cucitura, mediante una forte pressione esercitata con una piastra di metallo liscia e riscaldata.

PLAID
Termine inglese; adattamento dello scozzese plaide di etimologia incerta, entrato in uso grazie soprattutto alle numerose traduzioni dei romanzi di Walter Scott. Usato in italiano come singolare maschile. 1a. All'origine indicò il mantello usato dagli Scozzesi delle Highlands; 1b. poi la sciarpa che completa il kilt. 1c. Nella moda maschile inglese della seconda metà del XIX sec. fu chiamato plaid anche un soprabito a disegni scozzesi. 2. È sinonimo anche di tessuto a quadri formati da ordito e trama di colori diversi, denominato scozzese. 3. Coperta di lana a quadri scozzesi, spesso con frangia.

PLASTRON  
Voce francese, risalente all'antica parola italiana "piastrone". 
1. Rinforzo nel davanti del capospalla classico (interfodera). 2. Cravatta da cerimonia che si accompagna al tight, simile all'ascot ma dalle cocche più ampie, da annodare in modo particolare. Rigorosamente in seta bianca o nera o grigia, a piccoli disegni. Può essere ornato con spilla. 3. In inglese, il termine può indicare anche una guarnizione. 4. Pettorina rigida sul davanti di una cotta o sotto il corpetto di un abito; in uso presso la corte francese del XV secolo.

PLATEAU
È un rialzo della suola, utilizzato per dare maggiore comfort alle scarpe con tacchi molto alti. Diminuendo l'ampiezza dell'angolo di appoggio del piede, infatti, è possibile la realizzazione di scarpe con tacchi molto alti, più facili da portare.

PLATFORM
Scarpa con rialzo , dalla suola fino al tacco, che segue e solleva tutta la lunghezza del piede. Aperta in punta o chiusa, anche allacciata alla caviglia con un cinturino. Resistente e di materiale variabile, conferisce un'idea di aderenza, compatezza e comodità. Sinonimo di
zeppa.

PLEXON
Termine convenzionale per indicare tutte le fibre naturali ed artificiali ricoperte o rivestite di un sottile strato di resina sintetica.

PLISSÉ [plisé]  
Termine francese, participio passato di pliser, "pieghettare". Tessuto, accessorio, indumento o una sua parte, pieghettato con cuciture o, più frequentemente con una stiratura permanente, che rende le pieghe ravvicinate, molto marcate e, di solito, regolari, resistenti all'uso e al lavaggio; ottenute pressando il tessuto con macchine speciali, su cartoncini che ne definiscono la larghezza. In italiano: pieghettato.

PLISSETTATO  
Adattamento dal francese plisséTessuto fittamente pieghettato.

PLISSETTATURA
Operazione per la creazione di pieghe permanenti sui tessuti con apposite macchine. Per i tessuti sintetici la plissettatura viene eseguita con il termofissaggio; per quelli di fibre naturali viene eseguita con apposite macchine e adeguato trattamento. Solamente nella seconda metà del XX secolo, con l'avvento delle fibre sintetiche, è stato possibile rendere l'effetto della plissettatura permanente: i tessuti composti almeno da un 65% di filati sintetici, come poliestere o poliammide, sono termoplastici permanenti, cioè possono essere trasformati mediante il calore e assumere forme che rimangono stabili per sempre una volta raffreddati.

PLOTTER  
Voce inglese; da to plot, tracciare. Unità periferica di un elaboratore elettronico in grado di stampare su carta i dati elaborati sotto forma di disegni tecnici o cartamodelli, grafici, diagrammi e similari. I plotter sono in pratica composti da un braccio comandato da un amplificatore orizzontale e da uno stilo comandato da un amplificatore verticale, per cui lo stilo può assumere qualunque posizione su un piano plotter sono una periferica molto diffusa degli elaboratori personali, possono essere a colori e hanno prestazioni diverse in termini di dimensione, precisione e velocità.

PNEUMAFIL
Sottoprodotto derivante dai filatoi, costituito da fili rotti.

Voce francese, diminutivo di poche, "tasca". 1. Borsa di dimensioni ridotte da donna, di forma  generalmente rettangolare e piatta, adoperata perlopiù in occasioni eleganti. Di solito si porta a mano, anche se può avere una tracolla e/o in piccolo manico. 2. Indica anche una piccola tasca. Per uno scambio di significato fra contenitore e contenuto, molti usano questo termine per definire il fazzoletto da taschino invece che il taschino stesso.

POIS [puà]
Termine francese usato al plurale; letteralmente vuol dire "piselli", dal latino pīsum. Motivo puntiforme ripetuto a distanza regolare a pallini o puntini, "bolli" più o meno piccoli, sempre rotondi, generalmente stampato su tessuto. È di moda dalla seconda metà del Novecento. Impieghi: Lo si usa nell'abbigliamento femminile e nella cravatteria.

Inglese
: Dot -
Tedesco: Pünktchen - Spanolo: Pequeño punto
 
POLACCHINO
L'origine del nome, che fa intendere un legame con la Polonia, è incerta. 1. Stivaletti corti e leggeri, allacciati con bottoni all'esterno della caviglia; portati da uomini e donne. 1a. Così come lo conosciamo oggi è stringato, in pelle scamosciata, con i lacci sopra il collo del piede.

POLIAMMIDE  
Da poli+ammide. Fibra sintetica polimerica ottenuta chimicamente per sintesi e successiva estrusione dalla condensazione di un acido bicarbossilico ed una diammina, precedentemente resa liquida per fusione. È disponibile sia in filo continuo che in fiocco. Un nome commerciale è nylon (registrato) o in italiano nailon (registrato). I più conosciuti sono i nylon 6.6 e nylon 6, ma molte altre fibre sono state prodotte dalla autocondensazione di ammoniacidi o dei loro lattami. Sono tutte fibre di poliaddizione, indicate con il nome generale di nylon, seguite da un numero indicante il numero di atomi di carbonio dell'aminoacido di partenza. Caratteristiche: Possiede ottime proprietà meccaniche, testurizzazione. È resistentissimo agli agenti atmosferici e imputrescibile; resiste alla rottura, non si deforma permanentemente e grazie alla sua termoplasticità consente un ottimo recupero elastico, che permette ai capi di nylon di non assumere pieghe permanenti non desiderate; ha ottima resistenza all'abrasione, alle tarme e alle muffe, oltre ad avere un'altissima ripresa all'umidità (4%); tingibilità senza limitazioni di toni e possibilità di ottenere tinte ben resistenti alla luce ed alle intemperie. Fonde solo verso i 230°C . Può essere mischiata in maniera ottimale con altre fibre naturali, artificiali e sintetiche. È di facile manutenzione. Impieghi: Offre la possibilità di realizzare tessuti leggeri ma robusti, soprattutto per capi sportivi, nelle calze e nei collant (anche se adesso si preferisce la microfibra). È utilizzato anche per cerniere lampo.

POLICROMO  
Dal greco polýchrōmos, da poly-, poly+chrôma, colore. Multicolore, decorato con più colori.

POLIESTERE  
Da poli+estere. Fibra sintetica derivata dalla filatura di copolimeri lineari formati da un acido bicarbossilico ed un alcol bivalente. È disponibile sia come filo continuo sia come fiocco per la filatura laniera e cotoniera ed usi diretti (non-tessuti, ovatte, imbottiture, ecc.). È adatta, a tutte le tecnologie di trasformazione, sia in puro che in mista con fibre naturali, artificiali e sintetiche. È disponibile in numerosi tipi speciali con caratteristiche innovative, quali microfibre (più sottili della seta), fili e fiocchi flame retardant (cioè con innesco di fiamma ritardato), ecc. Ora il poliestere può essere anche biodegradabile. Nomi commerciali di fibre poliestere sono: Terital, Terilene, Dracon, ecc. Caratteristiche: Resiste alla rottura, alla luce, all'abrasione, non si deforma in modo permanente, ha un ottimo recuperi elastico. È indifferente ai microrganismi e quindi non permette lo sviluppo di batteri e muffe. Ha proprietà lava-indossa, e pertanto i manufatti si lavano facilmente, asciugano rapidamente, si indossano anche senza stirare, sono ingualcibili. Impieghi: Tessuti per abbigliamento, per arredamento e per uso industriale. 
 
POLIESTERE TERMO-FISSANTE
Gruppo di resine prodotte per dissoluzione di resine alchidiche insature (generalmente lineari) in un monomero attivo tipo vinile quali lo stirene.

POLIETILENE  
Da poli-+etilene. Materia plastica non attaccabile da acidi, basi e sali; è facilmente lavorabile con un comune macchinario e ha moltissime applicazioni. È il polimero che vediamo di più nella nostra vita quotidiana. È la plastica più famosa nel mondo. La temperatura di fusione è di 137°C. Ha una struttura molto semplice, la più semplice di tutti i polimeri commerciali. La molecola di polietilene non è altro che una lunga catena di atomi di carbonio, con due atomi di idrogeno attaccati a ciascun atomo di carbonio. A volte è un po’ più complicato: accade che un atomo di carbonio abbia un'altra catena di polietilene al posto di uno dei due atomi di idrogeno. Questo è detto polietilene ramificato o polietilene a bassa densità LPDE (low density polyethylene), ed è prodotto con una polimerizzazione radicalica vinilica. Se non ci sono ramificazioni è detto polietilene lineare, o HDPE (high density polyethylene), ed è prodotto attraverso una procedura più complessa detta polimerizzazione di Ziegler-Natta. Il polietilene lineare è molto più resistente del ramificato, ma quest’ultimo è più economico e facile da produrre. Il polietilene lineare è normalmente prodotto con un peso molecolare compreso tra 200.000 e 500.000, ma è possibile ottenerne di più alti. I polietileni con peso molecolare tra tre e sei milioni sono detti polietileni ad altissimo peso molecolare, o UHMWPE (ultra high molecular weight polyethylene), ed è prodotto attraverso la polimerizzazione catalizzata da metallocene. Questi sono usati per produrre fibre che sono così resistenti da aver rimpiazzato il Kevlar per la produzione di giubbotti antiproiettile. Grandi fogli di UHMWPE vengono usati al posto del ghiaccio nelle piste di pattinaggio. Il polietilene è un polimero vinilico, derivato dal monomero etilene. La loro produzione risale al 1955. Impieghi: termoplastici, fibre.

POLIMERIZZAZIONE  
Da polimeroConsiste nell'unione di un numero molto elevato di sostanze base (monomeri) di costituzione uguale o simile, insature, reattive, a basso peso molecolare, senza eliminazione di altre sostanze. Il polimerizzato ha, allo stato di macromolecola, la stessa composizione del monomero: per esempio il cloruro di vinile si polimerizza dando il cloruro di polivinile.

Grado di polimerizzazione è il numero di unità monometriche nel polimero. I multipolimerizzati (copolimeri) si formano mediante polimerizzazione di più monomeri di tipo analogo.
 
POLIMERO
Materiale formato dalla combinazione chimica dei monomeri con composizioni uguali o diverse. Le plastiche, le gomme e le fibre tessili sono esempi di polimeri con alto peso molecolare.

POLIPROPILENE (PP)
Tessile termoplastico semi-cristallino.

POLIURETANO  
Da poli- +uretano. I poliuretani sono polimeri fra i più versatili, e fra i più conosciuti per fare le schiume. Possono essere elastomeri, vernici, fibre, adesivi. Un meraviglioso polimero particolare è lo Spandex (Lycra). I poliuretani sono così chiamati perché nei loro scheletri hanno dei legami uretanici.
 
POLIVINILCLORURO
Polimerizzazione dei monomeri di vinile e cloruro composti con additivi (Cloruro di polivinile). La sostanza è usata nei tessuti per ottenere una rifinitura idrorepellente e lucida. Più noto come
P.V.C.
 
POLLERA
Gonna ampia e increspata, sovente a balze, indossata in Paesi dell'America latina, come Panama e Bolivia; deriva dall'abito di corte del XVII secolo.   

POLO  
Voce francese. Maglia in tessuto elastico (tricot) con ribattitura anteriore abbottonatura che arriva fino a metà petto, comunemente con maniche corte ma possono essere anche lunghe. Può avere un taschino applicato sul davanti all'altezza del petto. Caratteristico è il collo morbido e piatto. Generalmente in cotone o lana. Una versione in piqué di cotone nota è definita "Lacoste", dal nome del tennista francese che la ideò.
 
POLONAISE
Abito femminile, con sopragonna che si solleva con nastri o stringhe per mostrare la sottogonna. 

POLSINO  
Da polso. 1. Fasce lisce di tessuto o in maglina cucite in fondo alle maniche, in cui viene ripresa l'ampiezza della manica e dei polsi nella camicia da uomo e da donna, nelle tute, nei giubbotti, ecc. chiuse solitamente con bottoni o con gemelli o elasticizzate. Spesso le camicie prodotte industrialmente sono caratterizzate da due bottoni orizzontali ed in taluni casi anche verticali per adattare più facilmente il polsino al polso dell'acquirente. Si tratta di un accorgimento piuttosto comodo dove spesso serve più spazio per far posto all'orologio. I polsini si dividono in due categorie: quelli con la chiusura per i gemelli e quelli abbottonati. I polsini da gemelli sono in genere quelli detti "alla francese" (french cuff) piegati in due orizzontalmente, da usare soprattutto in occasioni formali. Sono in genere lunghi 12 cm e una volta piegati formano un polsino alto 6 cm.. Una via di mezzo, adatta per utilizzo meno formale o sul lavoro, è il polsino normale dotato di due asole per i gemelli al posto dei bottoni. 2. Anche finitura delle maniche nelle camicie in generale.

POMPON  
Voce francese. Nappa, fiocco, di piccole dimensioni, fatto con materiali tessili (lana, seta o altro), composto di brevi gugliate di filato, usato in  passamaneria, impiegato quale motivo ornamentale di abiti e berretti  e scarpe o in tappezzeria. In Italia è in uso anche l'adattamento fonetico e grafico pon-pon e pompò.

PONCHO | PONCIO
Voce ispanoamericana. Indumento, maschile e femminile, largamente usato come mantello, per ripararsi dal freddo, dalle popolazioni indigene dell'America Meridionale. Nella sua forma più nota è costituito da un grande telo di forma quadrata o rettangolare di lana, con un'apertura al centro per infilarvi la testa. Aveva anche funzioni di coperta. È confezionato con tessuti multicolore.
Il poncho messicano si differenzia in quanto è fatto con due pezzi rettangolari, che quando sono cuciti insieme, formano prima una "L" senza essere sovrapposti, poi una estremità viene unita all'altra con una cucitura oppure con ganci o bottoni. Ebbe una sua prima popolarità negli anni '40 negli Stati Uniti d'America. La moda etnica, in Europa, all'inizio degli anni '70, ne ha segnato il rilancio. Si tratta infatti di un mantello di lana intrecciata in vari modi. In commercio si può trovare asimmetrico, a righe e a collo alto. I film del genere "spaghetti western" lo hanno reso popolare presso il pubblico occidentale. In italiano, impropriamente, è chiamato anche poncio.Attualmente i poncho sono visti come accessori, non essendo progettati come abiti contro il freddo e la pioggia. I poncho, fatti di un materiale impermeabile, possono anche essere usati dai ciclisti come protezione dalla pioggia o in campo militare.

PONGÉ 
Foderame in armatura tela particolarmente leggero, morbido e fluente.

POPELIN  (POPELINE)
Termine dal francese antico papeline il cui significato è papalina, perché in origine fabbricato nel contado di Avignone (Francia), residenza dei Papi dal 1309-1376. 1. Tessuto in armatura tela di cotone mercerizzato (il più noto e diffuso), finissimo e leggero, molto compatto, granuloso al tatto a motivo delle coste trasversali o talvolta per effetto d'ordito; caratterizzato dall'ordito più fine della trama, realizzato con filati di ordito ritorti e con titolo più alto di quelli di trama. La riduzione di ordito è almeno doppia rispetto alla trama, per cui si ottiene un tessuto che assomiglia ad un reps. Trova largo impiego in camiceria. 2. Tessuto in lana, caratterizzato da un ordito più fine della trama, presenta un effetto di coste parallele ottenute mediante armatura tela, ma con due trame nel medesimo passo. 3. Tessuto, talvolta fabbricato, con ordito in organzino e trame, molto inferiori di numero di fili di ordito, in lana pettinata.

PORTABITI  
Dall'imperfetto del verbo portare+abito. Struttura mobile su rotelle alla quale si appendono giacca e pantaloni.

PORTAFOGLIO
Composto di portare e foglio, sul modello del francese portefeuille. Custodia rettangolare o quadrata, a due facce pieghevoli su se stesse, provvista all'interno di più tasche o scompartimenti, dove si ripongono banconote, documenti, ecc.

POSAFERRO  
Imperfetto del verbo posare+ferro. Arnese su cui si appoggia il ferro da stiro quando è caldo.
 
PRE-LAVORATO
Rinforzo fibroso pre-formato mediante la distribuzione di fibre o tessuto tagliati per mezzo di aria, flottazione in acqua o sotto vuoto sulla superficie perforata di uno schermo con la forma e lo spessore richiesti. Utilizzato per la fabbricazione di composti.


PREMIÈRE  
Voce francese.  Indica la prima lavorante di una sartoria.

PREMISTOFFA
È un dispositivo solidale del carrello che permette di trattenere le maglie di jersey o di coste senza l'ausilio del pettine o dei pesi che esercitano una trazione sul lavoro.

PRÊT-À-PORTER  
Locuzione francese, propriamente "Pronto-Da-Indossare", lanciata in Francia da Jean Claude Weill nel 1949, sul calco della parola americana ready to wearIn contrapposizione ad alta moda, è l'insieme di produzione confezionata in serie, in taglie standardizzate, da  aziende d'abbigliamento (o, in misura minore, da grandi sartorie) e destinata perciò ad essere venduta a prezzi molto inferiori a quelli dell'alta moda. A differenza delle confezioni di serie industriali si rivolge a produrre industrialmente capi di vestiario accessibili a tutti ma di moda. Oggi si tende a considerare le creazioni di prêt-à-porter l'anima più viva della moda. La moda industriale, non più copia degradata dei prototipi più quotati, conquista sempre di più una sua autonomia rapportandosi allo stilismo di ricerca. Il prêt-à-porter estetizza la moda industriale e massifica un simbolo di distinzione che un tempo era molto selettivo: la griffe.  La serie industriale esce dall'anonimato, si personalizza, conquista un'immagine di marca, un nome che compare ovunque: stampa, manifesti pubblicitari, nei negozi di moda, sugli abiti. Inglese: ready-to-wear.

PRENDISOLE  
Imperfetto del verbo prendere + sole. Abito femminile estivo, privo di maniche e molto scollato, di tessuto leggero.

PRESSATURA 
Usare il vapore per rimuovere o creare pieghe.

PRIMINA
Qualità intermedia del tessuto finito fra la prima e la seconda scelta. Detta anche primetta. 

PRINCIPE DI GALLES (PRINCE OF WALES)
Titolo tradizionalmente spettante all'erede al trono d'Inghilterra. Disegno, di tono decisamente sportivo ma elegante, dai caratteristici disegni bicolori a quadri piccoli entro quadri più grandi, applicato in moltissime varianti ai tessuti sia pettinato che cardato, in stoffe leggerissime o pesanti. I riquadri sono formati da una parte di pied-de-poule (se in base batavia o saia) o di "effetto stella" (se in base tela o natté), con una parte di millerighe o grisaglie con damier, a catena o trama bicolore molto fitta con infinite possibili variazioni, in rapporti più o meno grandi, in armature diverse (in tela dove il tessuto risulta più secco e nitido, in batavia dove il tessuto risulta più sfumato). Nei "Galles" classici la parte quadretta a pied-de-poule (o a "effetto stella) è circa 2/5 del quadro totale, mentre i 3/5, che formano lo specchio di fondo, sono occupati dall'effetto millerighe o di grisaglia. Nel "Galles" fantasia queste misure non sono fisse. Esiste anche una regola (non sempre rispettata) per cui la lunghezza in senso di trama sarà sempre inferiore alla lunghezza in senso di catena, in modo da dare comunque un aspetto verticalizzante al riquadro complessivo (in genere si può tenere una proporzione di 10 a 3, ossia ad esempio un "Galles" largo cm 7 sarà lungo circa cm 9). Di solito nei toni grigio, nero e bianco. Questi riquadri possono essere puri o decorati con filetti colorati, per vivacizzane l'aspetto.

PRIVATE LABEL
Prodotti a marchio personalizzato. Le aziende spesso producono capi per conto terzi (negozi ed altre aziende), che vi applicano la loro etichetta privata.

PROCESSO (metodo) 
Metodo da seguire per ottenere un determinato scopo, una data sostanza o uno speciale trattamento (esempio: un semplice processo logico, processo chimico, il processo della cardatura della lana).

PROFILARE
Metodo per rifinire un bordo cucendovi un altro pezzo di tessuto.

PROFILO 
Sottile bordino, ricavato dall'inserimento di un cordoncino nella ripiegatura di un nastro sbieco. Serve per profilare.

PRONTO MODA
Modalità produttiva utilizzata prevalentemente nel settore industriale di abiti confezionati. È caratterizzata da tempistiche ridotte (produzione massimo di 30/40 giorni), con uscite di prodotto (6 o 7 presentazioni) più frequenti rispetto al normale ritmo dei 2 campionari stagionali. Il fenomeno del pronto moda si diffonde nei periodi di domanda di articoli fantasia (anche colori moda), di incertezza circa le tendenze dei consumi, di costi elevati di gestione delle scorte. Infatti consente al sistema distributivo di ridurre rischi di invenduto e giacenze.  Il termine non è sinonimo di fast fashion che è invece una uscita ininterrotta (anche settimanalmente) di capi in numero ridotto a prezzi contenuti.    


PROPORZIONE 
Il rapporto e l'equilibrio fra i vari elementi che compongono un capo; è uno dei principi del fashion design.

PROTOTIPO  
Dal greco protótypos, composto di proto- 'proto- e týpos, copia, tipo. Primo esemplare di un oggetto /capo vestiario, accessorio, ecc. destinato ad essere riprodotto, da cui ne derivano altri. Quando il prototipo è sufficientemente rifinito e incontra la funzionalità, producibilità e gli altri scopi del progetto, il prodotto è pronto per la produzione.

PS
Punto seno.

PULL 
Falso esotismo dall'inglese, dove la forma breve di pullover non esiste.
Forma breve di pullover.

PULLOVER  
Termine inglese; da pull, "tirare" e over, "sopra", indica un maglione a tubo senza apertura sul davanti. Capo d'abbigliamento maschile o femminile, confezionato sia a mano sia a macchina, in maglia di lana o cotone (o altre fibre), che si infila e si sfila dal capo (e pertanto è senza bottoni). L'apertura del collo può essere a:
  • Scollo a "V" - Può essere portato comodamente sotto una giacca sportiva (pullover e cravatta senza giacca è un look un po' a rischio). Questo tipo di pullover quando non ha le maniche è chiamato comunemente, in Italia, gilé di lana.
  • Girocollo (tonda) - Viene indossato sopra la camicia, con il colletto che non dovrà sporgere dal maglione. Particolarmente indicata è la camicia con collo button-down.    
Una forma abbreviata, molto diffusa nell'area anglofona, è pull.
 
PULTRUSIONE
Processo mediante il quale un materiale rinforzato con fibre viene trascinato (pull) attraverso un bagno impregnante di resina e uno stampo di modellatura dove la resina viene indurita. Si tratta di un processo  continuo (
estrusione).

PUNCIATURA
Il Processo fondamentale che consiste di "costruire" al computer l'insieme dei punti che compongono il disegno del ricamo, rendendolo il più fedele possibile al reale. Il termine "punciatura" è sovente utilizzato per descrivere un processo di preparazione del disegno attraverso la digitalizzazione dei punti, dando alla macchina le istruzioni necessarie per il corretto funzionamento, operazioni che vengono attivate attraverso il disegno. Un tempo questo processo era eseguito a mano con cartoni forati, ora è reso più facile e flessibile grazie a software innovativi presenti sul mercato. I programmi di punciatura offrono un'ampia gamma di prodotti, assicurando un maggior controllo sui disegni e l'aumento della produttività. Per ottenere dei buoni risultati la punciatura dovrebbe essere eseguita da un addetto della produzione, perché conosce bene le tempistiche di lavorazione e capisce l'importanza di un disegno punciato in modo corretto. Per chi non si intende di ricamo, la punciatura potrebbe risultare come un processo banale: riempire gli spazi colorati, creare un contorno per poi passare ad un altro disegno, ma creare un buon programma grafico non è così facile (soprattutto per via dell'evoluzione dei tessuti). Sono però i punti base, il centro focale di tutta la lavorazione; infatti, pur non essendo visibili, danno al ricamo stabilità e qualità, grazie anche alla messa in opera degli esperti. Lo studio dell'ingrandimento, come pure il programmare i punti di fermo e la sequenza dei cambi di colore e dei saltapunti sono le fasi più importanti di questa lavorazione, tenendo presente che l'insieme del disegno deve essere rispettato, quindi l'intensità dei punti non deve essere trascurata.

PUNTALE
1. Rinforzo di vario materiale applicato all'estremità inferiore di stringhe o cordoncini per proteggerli da eventuali sfilacciamenti, o anche solo per creare un effetto decorativo. 2. Calz. - È la parte della scarpa dove risiedono le dita. In base al tipo di scarpa può essere composto da materiali diversi, con un sostegno rigido o semirigido (ad esempio le scarpe antinfortunistiche hanno il puntale d'acciaio) posto tra la tomaia e la fodera, in corrispondenza della punta, modellato sulla forma in fase di montaggio della tomaia. Serve principalmente a proteggere le dita ed il dorso del piede. È applicato grazie ad appositi macchinari pneumatici chiamati "mettipunte" o "applicapuntali".

PUNTA SPILLO (PUNTINATI)
Si chiamano così i punti, perché simili a capocchie di spillo, i tessuti uniti o fantasia che presentano la superficie di fondo punteggiata di chiaro, eseguita con armature diverse.

PUNTEGGIATO  
Participio passato del verbo "punteggiare". Procedimento tessile basato sull'uso di due fili di colori diversi commisti; è usato specialmente nell'arazzo moderno, per rendere meno monotone le superfici monocrome.

PUNTERUOLO
Strumento appuntito per praticare fori su cartamodelli o pelle.

PUNTI D'EQUILIBRIO 
Segni sul cartamodello che aiutano a rispettare il drittofilo.

PUNTO (di cucitura a macchina)
Dal latino pŭnctum, latino tardo pŭnctus, derivato di pŭngĕre «pungere»: propriamente «puntura, forellino». Tratto di filo (unità di deformazione del filo) tra due fori che segnano l'entrata e l'uscita dell'ago nel tessuto, per fare una cucitura ed impuntura.

Tipi di punti a macchina

Molti sono i tipi di punti che si possono eseguire con macchine per cucire, e la classificazione dei tipi di punti (determinata da Federal Standard Cataloque n. 751 - USA) ne prevede sei classi:
  •  Classe 100 - Punto catenella semplice. I punti appartenenti a questa classe possono essere formati con uno o più aghi, e hanno come caratteristica generale che il cappio del filo ago, trascinato dal crochet, va a concatenarsi con il filo dell'ago del punto successivo, dopo che l'ago è passato attraverso il tessuto per iniziare il nuovo punto. Il tipo di punto più comunemente usato fra quelli appartenenti a questa classe è il 101 - Punto catenella semplice. E' un tipo di punto che si può facilmente disfare e per questo viene utilizzato nell'operazione di imbastitura.
  • Classe 200 - Punto a mano. Appartengono a questa classe tutti quei punti che hanno formazione ed aspetto simili ai punti fatti a mano. Possono essere formati da uno o più fili d'ago. La loro caratteristica è che la chiusura del punto è assicurata dal passaggio del filo ago sopra e sotto il tessuto. Si viene quindi ad avere sia sul lembo superiore che sul lembo inferiore una successione alternata di punti costituiti dal filo dell'ago. Questi punti hanno pochissima applicazione nelle macchine per cucire industriali.
  • Classe 300 - Punto annodato. I punti appartenenti a questa classe hanno come caratteristica principale la presenza di due gruppi distinti di fili: A) gruppo filo ago; B) gruppo filo crochet. Il cappio formato da un filo del gruppo A dopo essere passato attraverso il tessuto, va a concatenare un filo del gruppo B e, per mezzo di un dispositivo di recupero del filo, viene tirato nel tessuto unitamente al filo del crochet. Tanto nella parte inferiore del tessuto che in quella superiore si ha una successione continua di punti, costituita da tratti rettilinei di filo. I più usati fra i punti appartenenti a questa classe sono: 301 - Punto annodato formato da un filo portato dall'ago e l'altro proveniente da una piccola bobina (o spolina) piazzata su uno speciale supporto sotto la placca dell'ago; 304 - Punto annodato di tipo zig-zag i cui punti invece di essere disposti su una linea retta, formano fra loro angoli alternativamente sporgenti e rientranti (zig-zag).
  • Classe 400 - Punto catenella. I tipi di punto appartenenti a questa classe sono formati con due gruppi di fili: A) gruppo filo ago; B) gruppo filo crochet. Caratteristica generale della formazione del punto è che i cappi del filo ago si formano quando l'ago esce dal tessuto, e vengono allacciati e circondati da cappi del filo crochet. Tale operazione avviene nella parte inferiore del tessuto. I punti più usati sono: 401 - Punto a catenella doppia; 406 - Punto ornamento a due aghi senza copertura superiore; 407 - Punto ornamento a tre aghi senza copertura superiore. 
  • Classe 500 - Punto sopraggitto. I tipi di punti appartenenti a questa categoria sono formati con uno o più gruppi di fili e precisamente: A) filo ago; B) filo crochet; C) filo crochet superiore. Caratteristica del punto sopraggitto è che i cappi di un gruppo di fili debbono passare sopra bordi del tessuto. Ciò significa che il filo può passare all'esterno del tessuto da sotto a sopra i lembi cuciti. In altri casi i cappi di due gruppi di fili possono allacciarsi fra loro, proprio sui bordi dei lembi assemblati. I punti più usati sono: 501 - Punto sopraggitto ad un filo. La cucitura e la copertura dei lembi cuciti è ottenuta con il solo filo dell'ago il quale forma un cappio nella parte inferiore del tessuto che, per mezzo di due crochet ciechi, viene portato da sotto a sopra la cucitura, ove viene allacciato dall'ago stesso nel suo moto di ritorno al punto morto inferiore. 503 - Punto sopraggitto a due fili. La copertura superiore è ottenuta con il filo dell'ago che si allaccia con il filo del crochet sul bordo del tessuto; il filo portato dal crochet inferiore effettua la copertura inferiore; il crochet superiore è cieco. 504 - Punto sopraggitto a tre fili. Entrambi i crochet sono infilati e si deve ad essi la copertura inferiore e quella superiore; i due gruppi di fili si allacciano tra loro sul bordo del tessuto e sono a loro volta allacciati nella parte interna della cucitura dal filo dell'ago. 506 - Punto sopraggitto a due aghi e a quattro fili. I fili degli aghi impuntano superiormente e inferiormente entrambe le coperture dovute ai fili portati dal crochet superiore che si allacciano fra loro sul bordo del tessuto. 509 - Punto sopraggitto a due aghi e tre fili. I fili degli aghi impuntano superiormente e inferiormente la copertura costituita dal filo del crochet inferiore che un crochet superiore cieco porta al di sopra del tessuto, permettendo ad entrambi i fili degli aghi di allacciarlo. 512 - Punto sopraggitto più punto sicurezza. I fili degli aghi impuntano entrambi la copertura inferiore mentre la copertura superiore è impuntata solo dall'ago di destra. 
  • Classe 600 - Punto ornamento con copertura superiore. I punti appartenenti a questa classe sono formati da tre gruppi di fili: A) filo ago; B) filo crochet di copertura. Caratteristica dei punti appartenenti a questa classe è che i fili dei gruppi A e B coprono i lembi del tessuto superiormente e inferiormente. 602 - Punto ornamento a due aghi e a quattro fili con copertura superiore. 605 - Punto ornamento a tre aghi e cinque fili con copertura superiore.   
PUNTO (di cucitura a mano)
Esistono molti punti di cucitura a mano, tanto utili quanto decorativi: punto canapa, incrociato, sottopunto, di ribattitura, punto mosca, ecc.

PUNTO GRANA DI RISO 
È un punto  di base delle maglie ritornate. È composto da coste 1/1 alternate a ogni riga.

PUNTO GRANA DI RISO DOPPIA 
In maglia, è un punto di base nelle maglie ritornate. È composto da coste 1/1 alternate ogni due righe.

PUNTO LEGACCIO (MAGLIA LEGACCIO) 
È un punto di base nelle maglie ritornate. È composto da una fila di maglie a diritto seguita da una fila di maglie a rovescio. I suoi due lati hanno lo stesso aspetto. Questo termine viene impiegato anche nel ricamo Cornely. 

PUNTO MILANO
È un punto maglia derivato dall' interlock realizzato su telaio omonimo.

PUNTO RETE
In maglia, è l'aspetto traforato ottenuto senza riporto di maglia. La lavorazione è realizzata in jacquard con un filato trasparente e un filato opaco. Viene spesso chiamato fishnet.

PUNTO ROMA
È un punto a maglia rasata, realizzato specificatamente su telai a coste. È composto da una fila di jersey circolare e da una fila di coste 1/1. 

PUNZONATO 
Lavorazione di maglieria eseguita, in genere, su un fondo in maglia rasata, trasportando una maglia formata su un ago sull'ago accanto, in modo da formare un forellino sul tessuto. Il trasporto di maglia viene eseguito anche su tessuti a costa, ma l'effetto di traforo risulta meno visibile.

PUNZONATURA
Sistema di legame meccanico largamente utilizzato nella produzione dei non-tessuti. Si utilizzano aghi e punzoni per consolidare e ingarbigliare la rete composta da filamenti continui o fibre producendo un legame stabile.

PURDAH
È l'abito tradizionale delle donne in Indonesia, con cui si sottolinea il divieto per le donne di mostrarsi in pubblico.

PURGA
1. Preparazione fondamentale e più generale di sgrassaggio dei filati prima della tintura.
La purga assolve diversi compiti: rimozione delle impurità naturali contenute nella fibra. 1a.  viene, anche, attuata sugli articoli a maglia tinti in pezza o in filo prima di molte altre lavorazioni. 2. Operazione, che nella concia delle pelli viene dopo il rinverdimento, con cui si tratta la pelle con sostanze saponose e detergenti, così da rimuovere tutto lo sporco ed i reagenti che sono stati assorbiti dai tessuti cellulari durante le precedenti lavorazioni. Se la depilazione è avvenuta per via chimica si rimuovono anche la calce e il solfuro di carbonio con cui era stata trattata la pelle.
 
P.V.C.
Sigla dell’inglese Poly Vinyl Chloride con cui si indica il cloruro di polivinile, polimero conosciuto anche come polivinilcloruro. Il cloruro di vinile si ottiene per deidroclorurazione del cloruro di etilene o per sintesi diretta di acetilene e acido coloridrico in presenza di cloruro mercurio a 180°C. È simile al polietilene, ma un alternativamente in un atomo di carbonio della catena un atomo di idrogeno è sostituito da uno di cloro. Caratteristiche: Resiste all'acqua. Resiste al fuoco, perché contiene il cloro; quando si prova a bruciare il PVC gli atomi di cloro vengono rilasciati e questi inibiscono la combustione. Impieghi: 1. Nella pelletteria per giubbotti e pantaloni, applicato per spalmatura su jersey di poliestewre o su tessuti per abbigliamento casual per renderli impermeabili (la sostanza è trasparente). Non è necessario surfilare i margini. 2. Resina per termoadesivi (Resine per termoadesivi


:: Pagina i​​​​n costante aggiornamento dal marzo 2010 ::
---
Link correlati (post da questo blog)

Nessun commento:

Posta un commento

Per ogni richiesta rettifica o integrazione o segnalazione link non più attivi esterni (anche video) inviare a Rames Gaiba una
Email: rames.gaiba@gmail.com
-----
■ I commenti non potranno essere utilizzati e non è accettata la condivisione a fini pubblicitari di vendita prodotti o servizi o a scopo di lucro o su articoli/post di informazione politica.
■ Non saranno accettati i commenti:
(a) che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.
(b) che contengano indirizzi internet (siti collegati, e-mail).
■ Vi invito a non usare nei vostri commenti i caratteri tutti in maiuscolo.
■ Non manterrò in memoria interventi e messaggi che, a mio insindacabile giudizio, riterrò superati, inutili o frivoli o di carattere personale (anche se di saluto o di apprezzamento di quel mio post), e dunque non di interesse generale.

Le chiedo di utilizzare la Sua identità reale o sulla Sua organizzazione, e di condividere soltanto informazioni veritiere e autentiche. Non saranno pubblicati e non avranno risposta commenti da autori anonimi o con nomi di fantasia.

⚠ La responsabilità per quanto scritto nell'area Discussioni rimane dei singoli.

È attiva la moderazione di tutti i commenti.

Grazie per l'attenzione.

Rames GAIBA